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“San Girolamo nel deserto” ai Musei Vaticani

Per commemorare i 500 anni dalla morte di Leonardo Da Vinci, i Musei Vaticani hanno inaugurato ieri 22 marzo, tramite una mostra ad ingresso gratuito, un approfondimento particolare sull’unico quadro del genio toscano presente a Roma, “San Girolamo nel deserto” (1486-1490).

Il dipinto a olio su tavola, rimasto incompleto, rappresenta un eremita penitente nel deserto che, vestito di stracci ed inginocchiato, reca nella mano destra una pietra per percuotersi il petto. Il volto scavato rivolto verso l’alto, forse verso un crocifisso, di cui si intravede solo l’asta sulla destra; sullo sfondo, un paesaggio stilizzato che alcuni studiosi hanno interpretato come un abbozzo della facciata di Santa Maria Novella.

L’intento della piccola esposizione è quello di celebrare il capolavoro conservato nella Pinacoteca Vaticana, ma anche “di condividere per 3 mesi con il pubblico un’opera che è un simbolo della pinacoteca e che ha un forte messaggio di fede”, spiega Barbara Jatta, direttrice dei Musei Vaticani. “Sull’autografia del quadro non c’è mai stato nessun dubbio e la critica è tutta concorde, nonostante non si conosca la committenza e ci siano solo pochi riferimenti”, aggiunge la direttrice.

Un’opera dal fascino unico, per la quale Leonardo utilizzò, oltre ai pennelli, la tecnica del finger painting, riuscendo a trasmettere un senso di “non finito”, riconducibile inequivocabilmente all’autore. Grazie alla straordinaria capacità del pittore, la figura umana viene rappresentata in maniera magistrale: in questa tela, San Girolamo non è percepito come Padre della Chiesa e studioso di vastissima cultura, ma come eremita che vive la Passione di Cristo su di sé.

Da ieri e fino al 22 giugno, i visitatori potranno ammirare “San Girolamo nel deserto” custodito in una teca climatizzata ad alta tecnologia per garantirne la perfetta conservazione. Documentato agli inizi dell’800 nella collezione della pittrice Angelica Kauffman, il dipinto entrò poi a far parte della collezione del cardinale Joseph Fesch, zio di Napoleone. Fu appunto il cardinale a ricongiungere il dipinto, che era stato tagliato in due parti (una usata come anta di una credenza e trovata presso un rigattiere; la seconda, con la testa del Santo, utilizzata come piano di uno sgabello da un ciabattino). In seguito, l’opera finì al Monte di Pietà e venne acquisito in Vaticano per la volontà di Papa Pio IX nel 1856.

La prossima tappa della breve mostra sarà New York, dove il capolavoro sarà esposto al Metropolitan durante il mese di luglio.