È bufera intorno alle reliquie di San Gennaro. Da cinque secoli la Cappella con il relativo tesoro è gestita dalla Deputazione della Cappella del Tesoro di San Gennaro, organismo laico, del quale fanno parte dieci rappresentanti della nobiltà di Seggio, la più antica di Napoli, proveniente dai cinque Sedili, due rappresentanti di quello che fu il seggio del popolo e il sindaco di Napoli. Per secoli quest’ente laico si è dovuto difendere dalla Curia napoletana che ha sempre provato a mettere le mani sulla preziosa reliquia.
Lo scontro arriva da lontano, ma negli ultimi anni, con l’arrivo del cardinale Crescenzio Sepe, ha subito un’ accelerazione. Il cardinale non ha mai fatto mistero della propria voglia di tenere sotto controllo tutto quanto è interesse, reale o potenziale, della Curia, ogni occasione è buona per scatenare tensioni tra l’antica istituzione laica e la stessa diocesi. Ma ora sembra che il braccio di ferro sia arrivato ad un punto cruciale che potrebbe segnare un passaggio definitivo e, dopo cinque secoli, snaturare il carattere laico di una istituzione che ha attraversato guerre e rivoluzioni, restando fedele a sé stessa e al mandato firmato davanti a un notaio, nel 1527, con il quale, simbolicamente, il patrono stringeva un patto con la sua città: in cambio della costruzione della Cappella avrebbe difeso Napoli.
Un mese fa nelle mani dei deputati di via Duomo è arrivato un decreto del ministero dell’Interno, firmato da Angelino Alfano, un testo irricevibile racconta indignato Riccardo Imperiali di Francavilla, delegato per gli affari legali, il quale “equipara la deputazione a una Fabbriceria e rinomina arbitrariamente gli 11 deputati attualmente in carica, assumendosi un ruolo che non gli compete. Abbiamo tempo per opporci, entro il 4 aprile, ed è quello che faremo”. Scomparirebbe, in questo modo, il diritto al patronato, ovvero quello di nominare, dopo l’approvazione del cardinale, l’abate della Cappella e gli altri prelati, ma soprattutto, la Curia potrebbe designare, un terzo dei deputati. In questo modo, la Deputazione sarebbe composta, presumibilmente, da otto membri laici e quattro di nomina ecclesiastica, perdendo così dopo cinque secoli il suo carattere laico e indipendente.