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Rockets tornano in scena più forti che mai

La redazione del XXI Secolo ha avuto il piacere e l’onore di intervistare Fabrice Quagliotti, tastierista storico dei Rockets riguardo il loro nuovo album.

La band 

Prima dell’intervista, ecco qualche notizia riguardo la band.

I Rockets sono un gruppo musicale francese che tra la fine degli anni settanta e i primi anni ottanta raggiunse le vette del successo in Italia con brani quali Future Woman, Space Rock, One More Mission, Electric Delight, ma anche la reinterpretazione di On the Road Again, ancor oggi ascoltatissima, nonché Galactica, tormentone degli anni ’80.

La band è tornata alla ribalta con l’album Kaos nel 2014, ma non si sono fermati a ciò, spopolando nuovamente quest’anno con l’album Wonderland.

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L’intervista

Di seguito l’intervista gentilmente rilasciataci da Fabrice Quagliotti.

 Fabrice cosa si prova ad essere il tastierista di una band famosa a livello internazionale? 

«Essere Leader e tastierista di una band come i Rockets è un fardello pesantuccio…Abbiamo una lunga carriera alle spalle e questa fa si che, le nuove produzione vengono troppo spesso equiparate e “giudicate” dai fans dello zoccolo duro ,in base a quello che facevamo anni fa .

Sono comunque molto fiero di fare parte di questo gruppo e di portarne avanti il nome.

Musicalmente parlando, a parte varie esperienze musicale Prog , dai 15 ai 19 anni,posso dire che sono cresciuto con i Rockets .

Questo è il vero ed unico motivo per il quale utilizzo tutt’ora il nome Rockets : un mio ringraziamento per avermi permesso di vivere un’esperienza unica.

Pochi sono i gruppi che vantano una vita musicale di 40 anni…Infatti siamo a breve tornati dalla Russia per un tour intitolato ” Plasteroid Tour” per il quarantesimo del medesimo album.

Oggi tutto dura poco…purtroppo.»

– Da cosa deriva la scelta dei Rockets di tornare sulla scena musicale? 

«Beh, nel 2014 eravamo usciti con un album Kaos. Visto che per fare i dischi abbiamo dei tempi Biblici ( in media 3/4 anni), in realtà non siamo mai scomparsi delle scene.Sicuramente siamo purtroppo molto meno presenti rispetto ai tempi d’oro. Ma cioè non scalfisce la mia voglia di comporre, creare sonorità e rimettermi in questione artisticamente. Poi la voglia di suonare live non scema mai. Una vera droga.

A novembre abbiamo fatto un concerto a Lucca Comics del numero Zero del fumetto Rockets. Infatti con l’editore Gianni Bono di If Edizioni, è partito il progetto del fumetto che ruota intorno al mondo Rockets i cui 5 componenti sono i protagonisti.»

– Ci parli brevemente della storia della band, da dove nasce questa figura musicale innovativa? 

«I Rockets nascono nel lontano 1974 quando ancora si chiamavano Crystal.

Poco dopo, il produttore Claude Lemoine ebbi quella geniale idea di creare un gruppo musicale i cui membri erano degli extraterrestri con le loro sembianze, con una musica elettronica di avanguardia e un spettacolo innovativo.

Il primo album, quello Verde uscì nel 1976 con la Hit Future Woman.

Il vero successo parte nel 1978 e a tutti gli effetti lancia Rockets nelle classifiche centro-europee: On the Road Again. La base è un vecchio pezzo dei Canned Heat, blues band del Sud degli USA, pezzo che i Rockets interpretano secondo il loro caratteristico stile, facendone un tormentone disco-psichedelico che vende un gran numero di copie ed è ballato in tutte le discoteche nell’estate 1978. Il resto dell’album è della stessa caratura; i pezzi sono omogenei tra loro sia in stile che in sonorità e mantengono, per così dire, l’atmosfera costante per tutta la durata dell’LP. Inoltre, la quantità e l’uso degli strumenti elettronici (vocoder e sintetizzatori, ma anche percussioni elettroniche ed effetti per chitarra) è onnipresente e per giunta molto avveniristico. Con questo album il tastierista Fabrice Quagliotti entra a fare parte della band e sforna subito la base di on the road again insieme ad Alain Groetzinger e Claude Lemoine. I Rockets, per nulla intontiti dal successo, lavorano molto bene, velocemente e in maniera molto competente: nel 1979 esce Plasteroid, che aumenta ed espande il lavoro fatto sul disco precedente. Qui la produzione è ancora più decisa; i suoni più ricercati e percussivi; gli strumenti sono di più, meglio suonati e meglio registrati; l’elettronica è quanto di meglio offrisse la tecnologia di quel tempo (gli strumenti digitali non erano ancora disponibili e si lavorava solo in analogico), ma è anche ben calibrata e non ossessiva. Ma è soprattutto il materiale musicale a fare la differenza: poca concessione ai pezzi strumentali rispetto ai vecchi album, ma le canzoni hanno molte colorazioni, sonorità accattivanti e preponderanti melodie, rimangono facilmente in testa e contribuiscono a far vendere l’album ben oltre il disco d’oro e di platino (oltre 1 milione di copie). Nella primavera 1980 esce il loro lavoro-culmine, Galaxy, un disco molto ambizioso e a tratti eccessivo, dove il gruppo riversa tutte le sue energie e potenzialità, quasi a voler fare una sorta di monumento musicale a se stessi. Il livello del materiale musicale è paragonabile al lavoro precedente, ma è certamente meno spontaneo, più incostante ed eccessivamente tecnologico. La registrazione è a livelli di perfezione mai raggiunti prima, la produzione precisissima, gli strumenti sembrano suonati da robot tale è l’assenza di sbavature, impressionismi, incertezze. Tutto questo contribuisce a creare un album potente , preciso e cristallino, che però si chiude con una nota malinconica: un “medley”, cioè un pasticcio di brani di loro vecchie canzoni mixate un po’ alla rinfusa, quasi a ricordare il tempo che passa, e a voler vedere una differente strada più avanti.

L’album che esce nel 1981, π 3,14, è pieno di sorprese ma crea forte tensione all’interno del gruppo per certe musicale non condivise con la Cgd. Il successivo Atomic (autunno 1982), proseguimento stilistico di π 3,14, è l’ultimo album registrato in collaborazione con Claude Lemoine. Atomic vede un ritorno alle sonorità “spaziali” e un rinnovato look argentato con nuovi costumi e ottiene nuovamente un certo successo di classifica, anche grazie all’ottima hit che lo precede in primavera: Radio Station. Nonostante tutto però il disco sancisce ufficialmente la fine del “periodo argentato” . Nel 1984, per la prima volta senza Claude Lemoine, i Rockets, quasi irriconoscibili (Christian Le Bartz è stato sostituito da Sal Solo, inglese, ex new-waver, già cantante dei Classix Nouveaux ed oggi interprete di musica cristiana negli USA, si presentano ancora rapati a zero, però struccati, con gilet gialli hi-tech che poco hanno a che fare con il look “spaziale”, e propongono Imperception, album di buon riscontro, il cui singolo Under the Sun diviene la sigla di chiusura del festival di Sanremo di quell’anno. Per il successivo One Way (1986) addirittura adottano un look “new romantic” con pizzi e ciuffi laccati e il nome modificato in “Rok-etz”. Dopo un lungo silenzio, nel 1992 il produttore Claude Lemoine richiama il tastierista Quagliotti, il chitarrista Maratrat e il cantante Sal Solo per assemblare un album sfruttando la nuova tecnologia digitale e il sampling, affiancandogli i nomi di alcuni musicisti tra cui Nick Beggs, ex bassista dei Kajagoogoo, Mike “Clip” Payne, cantante e percussionista che collaborò con Prince, e altri. Viene realizzato così Another Future.

Nel 2003, esce un’altro album ” don’t Stop” la cui produzione viene fatta con Fabrice Quagliotti e il dj JT Vanelli.

Un altro album, Kaos, esce il 30 settembre 2014 distribuito dalla Warner dove spiccano ancora le sonorità space/electropop. L’album contiene 12 brani inediti di cui 3 strumentali. Esce anche il videoclip del nuovo singolo Party Queen. La band ha ormai una line up fissa: Fabrice Quagliotti keyboards/vocoder, John Biancale lead vocal, Rosaire Riccobono bass, Gianluca Martino guitars e Eugenio Mori drums.

Poi meta 2019 da vita ad un capolavoro, l’album Wonderland.»

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– Ci parli invece del nuovo album, Wonderland, da dove nasce?

«Wonderland è un concept album composto da 10 brani,piu una seconda versione della track listrivisita dal duo Fabrice Pascal & Axel Cooper.I suoni, le musiche e le voci guidano l’ascoltatore in un viaggio nel tempo con una contaminazione di oltre 50 anni di sapori e stili musicali diversi che va dai 10 CC, Supertramp, Vangelis,David Bowie,INXS, Linkin’Park,Imagine Dragon . L’album è frutto di una bellissima collaborazione innanzitutto con giovani ,in cui credo fortemente.Un brano nasce con una ragazza Siciliana di talento Cristina,con Axel Cooper.Inoltre le copertine dei singoli ed album sono stati creati da Francesca Pastore e Leonardo Festa( 20/28 anni). Inoltre per i cori di bambini utilizzati in ben 4 brani, abbiamo collaborato con Nunzio Capiello e Gianvito Ventimiglia di Bitonto. I primi album dei Rockets parlavano dello spazio e le sue dimensione.Con Wonderland, i Rockets sono molto preoccupati per quando sta succedendo al nostro pianeta.

Non a caso il colore predominante del nuovo album è il violetto…Migliaia di anni fa, la terra aveva questo aspetto violaceo dovuto all’esistenza di batterie e microorganismi acidi che intervenivano sul processo della fotosintesi clorofilliana, facendo assumere alla vegetazione questo colore violetto.Era un pianeta puro e sano.

Non per nulla ho voluto chiamare l’album Wonderland, nome che nell’immaginario della gente rappresenta un posto imaginario bellissimo. Per noi invece Wonderland è qui, sotto i nostrii piedi e si chiama TERRA.Infatti ,confidiamo nei bimbi di oggi ,che saranno gli adulti di domani per farsi che, cerchino di frenare questa escalation che porterà il nostro pianeta ad estinguersi.In tutto questo , la cosa più triste è che, l’uomo è la più forte arma di distruzione di massa: riesce ad autodistruggersi e non se ne rende conto!»

– C’è un filo rosso che lega i brani contenuti all’interno di esso? 

«L’unico filo conduttore, siamo noi Rockets. Lega l’album il concetto bambini presenti i 4 brani.Ma il vero filo conduttore è la mia voglia di chiudere un cerchio.Il primo album ” verde2 dei Rockets aveva lo stesso logo utilizzato per Wonderland.Il primo album era pieno di brani diversi per stile e sonorità. Ho voluto quindi chiudere con lo stesso spirito.»

– Ci sono progetti in cantiere per il futuro dei Rockets?

«Ovviamente i Rockets continueranno a fare concerti.E uscito ora il secondo singolo tratto dall’album: Get it On. Usciranno poi altri 2/3 singoli durante il 2020.Un singolo inedito chiamato “Free” è già pronto per salutare questa bellissima esperienza .Cmq un 2020 carico di lavoro.»

La redazione del XXI Secolo sentitamente ringrazia Fabrice Quagliotti per la disponibilità e la gentilezza che hanno caratterizzato la suddetta intervista.

 

Emanuele Marino
Emanuele Marino
Giornalista pubblicista, nonché studente universitario iscritto alla facoltà di Lettere Moderne presso l'Università degli studi di Napoli Federico II