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I rischi connessi all’Ego

Nel mondo si aggira una grave minaccia per l’umanità. Un nemico subdolo, invisibile, potenzialmente letale per il genere umano. Non sto parlando di terroristi, dittatori folli che potrebbero scatenare una nuova guerra mondiale o gruppi fanatici che inneggiano a guerre di religione, tra culture o popoli, ma di un nemico che è la causa scatenante di tutti questi soggetti che si palesano quali potenziali minacce per la pace e la sicurezza di una nazione o dell’umanità intera. Sto parlando dell’Ego, ovvero di quell’elemento identitario di ogni singolo individuo che alimenta il suo senso di separazione rispetto al Tutto.

Le persone più serene sono quelle che all’opposto riescono a percepire il sottile legame che unisce tutte le cose e le persone, riconoscendo uguale dignità ad ogni altro essere vivente, dall’essere umano all’animale, fino ad arrivare al fiore ed al filo d’erba. All’opposto la maggioranza degli uomini vive un costante senso di separazione rispetto agli altri in quanto viene vissuta questa identificazione con l’Ego: esso crea conflitti perché si ferma all’apparenza, alla forma, percepisce diversità perché diverso è il fattore esterno, il colore della pelle, il corpo fisico, la componente materiale di cui esso è composto. L’Ego cataloga, divide l’umanità in razze, la natura in uomini, animali e piante, e dividere vuol dire riconoscere la superiorità di un individuo rispetto ad un altro, dell’uomo rispetto all’animale, di un animale appartenente ad una determinata specie rispetto ad un altro, e così via. Questo atteggiamento è la causa dei conflitti che hanno caratterizzato la storia dell’umanita, durante cui si sono avute circa 10.000 guerre in poco più di 6.000 anni di storia, e lo sfruttamento ambientale che sta distruggendo il nostro pianeta. Lungi dall’essere meritevole di rispetto, la natura è stata piegata ai bisogni dell’uomo posseduto dall’Ego, con le conseguenze che ben conosciamo. Il clima impazzito, l’allarmante livello di inquinamento cui siamo giubti, la deforestazione, sono tutti eventi che potrebbero portare all’estinzione dell’umanità. Questa folle e forsennata lotta per l’affermazione e la supremazia non potrà portare ad altra conclusione che non all’annientamento dell’umanità, che collasserà su sé stessa, vittima della propria stessa cupidigia e stupidità.

Ciò che rende più amara questa riflessione è la consapevolezza che oggi l’Ego sia principalmente coltivato da quei popoli che per secoli hanno protratto culture e filosofie volte alla sua estirpazione e a tramandare una cultura di pace, quiete ed amore. Buddismo, Induismo, scintoismo, taoismo, nati nel profondo Oriente, potevano essere un faro per l’umanità, dando nuova speranza per l’avvenire del genere umano. Tuttavia, paradossalmente, oggi sono proprio i popoli asiatici a coltivare questo senso di separazione dal Tutto ed a coltivare l’Ego. Pensiamo allo sfruttamento delle risorse ambientali in Cina, dove il livello di inquinamento delle metropoli ha raggiunto livelli insostenibili. Oppure pensiamo al rapporto tra uomo e animale in quei paesi. Nel sudest asiatico gli animali sono considerati meno di oggetti, da sfruttare, manipolare ed uccidere a proprio piacimento, senza minimamente tenere conto del grado di sofferenza che esso possa raggiungere in virtù di pratiche atroci, figlie dell”ignoranza e di un retaggio culturale che ha perso ogni contatto e legame col proprio ambiente bdi riferimento. Ormai e famoso in tutto il mondo il famigerato festival di Yulin, sempre in Cina, dove il 21 giugno di ogni anno migliaia di cani vengono bolliti vivi, seviziati nelle maniere più atroci, scuoiati, sventrati mentre sono ancora coscienti, in ragione della convinzione, derivante dalla medicina cinese, che la carne di cane abbia proprietà benefiche per l’organismo umano, tra cui quella di essere afrodisiaca o di abbassare la temperatura corporea, riparando così dalla calura estiva. Ciò che è più folle è la convinzione che le proprietà della carne siano accresciute se l’animale  ha sofferto tanto, e da qui deriva la motivazione di tali pratiche barbariche e sadiche. Un altro esempio di perdita di ogni rapporto e contatto tra uomo e natura in Asia deriva dal fenomeno delle “fattorie della bile”, che interessa principalmente gli orsi tibetani.

Nel sudest asiatico gli orsi vengono catturati, tenuti in gabbie piccolissime e per anni viene loro estratta la bile tramite un rudimentale catetere in lattice. Col tempo gli animali impazziscono per il dolore e si causano lacerazioni, sbattono la testa contro le sbarre, taluni arrivano a smembrarsi. I più fortunati muoiono dopo essere riusciti ad infliggersi delle ferite letali, per gli altri l’incubo continua, gli allevatori limano loro i denti e gli strappano le unghie per evitargli di arrecarsi un danno mortale, ad alcuni vengono addirittura mozzate le zampe per ridurli alla totale infermità ed impotenza. È l’inferno delle fattorie della bile, espressione massima della riduzione dell’animale ad oggetto per gli interessi economici dell’uomo. In Cina e Vietnam esistono numerose fattorie clandestine, sebbene l’estrazione della bile, utilizzata dalla medicina cinese, sia una pratica illegale dal 1992.
Se vedi quelle terribili immagini, di quegli orsi rinchiusi nelle gabbie, vedi i loro occhi, le pupille dilatate dalla follia cui sono stati condannati, dall’inferno che hanno dovuto vivere. Sguardi umani, troppo umani, di chi ha sofferto pene che nessuna creatura vivente che possa provare dolore dovrebbe vivere. Le ho guardate, quelle maledette immagini. Non ho potuto farne a meno. Perché in quella gabbia vedo umanità, lo stesso dolore di un mio fratello, un mio simile. L’umanità degli animali mi lascia senza fiato. La bestialità degli uomini mi fa orrore.

E quella bestialità sta conducendo l’umanità alla sua rovina.