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Reddito di cittadinanza, per gli italiani è un disincentivo al lavoro

Reddito di cittadinanza, per gli italiani è un disincentivo al lavoro. Tutti contro il Reddito di Cittadinanza, ormai comunemente considerato come un grande, grosso disincentivo al lavoro. L’abolizione della povertà sbandierata dall’ex maggioranza a cinque stelle,  si è trasformata in un salasso di Stato e quasi tutte le forza politiche chiedono una revisione.

Secondo gli ultimi dati relativi all’aprile del 2022 forniti dall’Inps i nuclei percettori di reddito o pensione di cittadinanza sono 1 milione e 191.394, di cui 783.924 al sud. Le persone coinvolte sono 2 milioni 649.465. L’importo medio è di 560,9 euro, visto che va da 458 euro per i single a 741 euro per gli appartenenti a famiglie numerose.

In pratica il reddito di cittadinanza assorbe fino ad oggi più di 22 miliardi di risorse pubbliche. Inoltre gli avviati a qualche forma di lavoro sono ben pochi. L’equivoco di fondo del reddito di cittadinanza è che si è ritenuto di mettere insieme una misura di sostegno alla povertà con una vantata misura di avvio al lavoro.

Quello che evidentemente Luigi Di Maio non aveva capito è che la povertà si combatte con il lavoro non di certo con i sussidi. Questa è un’altra convinzione comune di questi giorni. In pratica come sempre sostengono gli economisti il sostegno al reddito veniva dato in cambio di lavoro.

Col reddito di cittadinanza  non c’è stato l’avvio al lavoro. E così il reddito diventa per molti “divano di cittadinanza” mentre per altri un reddito di base cui aggiungere un lavoro nero.

Cronache di questi giorni recitano che secondo l’Osservatorio Anpal, al momento non si riescono a reperire in molti settori oltre il 40% delle posizioni di lavoro offerte, che entro luglio saranno un milione e cinquecento trenta mila.

Il problema maggiore restano le truffe da parte dei furbetti

Inoltre le cronache delle scorse settimane e mesi sono pieni di notizie delle grandi truffe sul reddito di cittadinanza, con migliaia di beneficiari che non ne avrebbero il diritto.
Insomma dopo il pieno di voti ai Cinque Stelle nel 2018 è rimasto poco altro.  Rimane però il fatto che senza una riforma di questa misura continuerà non solo la spesa di soldi pubblici, ma anche l’effetto altamente distorsivo di essa sul mercato del lavoro.