Dicono di te: perfetta per il cinema, artista cosmopolita, sì avvenente ma che si fa notare per il proprio talento, in grado di conquistare con la simpatia… Tu però come ti descriveresti? Ma soprattutto, ti ritrovi con questi giudizi?
Sì mi ritrovo con questi giudizi, anche perché poi sono tutti positivi. Se io dovessi descrivermi in quattro parole, ritengo di essere una persona: molto determinata, in grado di adattarsi – perché nella vita bisogna imparare ad essere flessibili per affrontare al meglio tutte le situazioni –, che crede fermamente nell’umiltà e che cerca di dare sempre il massimo in quello che fa. Poi, queste quattro cose insieme, secondo me sono bellezza. Perché la bellezza è per me prima di tutto un insieme di qualità. Pertanto mi considero una persona bella.
Sei nata ad El Pao, in Venezuela, qualche anno fa; seconda di 7 figli. Ti va di parlarci della tua infanzia? Che ricordi hai?
Sì, certo. Ed allora… El Pao è un paesino sorto in prossimità di una importante miniera di ferro che è stata scoperta nell’Estado Bolívar, dove sono nata. La mia infanzia a è stata all’insegna dell’abbondanza. Ricordo che vedevo mio padre come un supereroe; perché grazie al suo duro lavoro non ci faceva mancare nulla. Noi figli ci sentivamo davvero i più fighi del quartiere [barrio La Gallina nella città di San Félix]. Lui lavorava per una impresa dello Stato che ci garantiva l’istruzione presso una struttura privata e l’accesso ad una importante catena di distribuzione dove davvero c’era uno di tutto. Ma come sempre accade quando non si riconosce appieno la fortuna che ti è toccata, con la durissima crisi economica che ha colpito il Venezuela negli anni ’80, la mia famiglia ha dovuto confrontarsi con una realtà completamente nuova. Ad esempio mio padre ha sofferto molto nel vedere noi figli crescere e non poter far fronte come un tempo a quelle che erano le nostre esigenze e richieste. Malgrado questo, valori come quello dell’onestà, della correttezza e dell’amare quello che si fa, sono continuati ad essere trasmessi a noi figli. Ricordo di non aver mai sentito i miei genitori parlare con invidia di qualcuno. Mio padre era contento della propria posizione in azienda e mia madre di essere una sarta; una sarta davvero molto brava, devo dirlo! Per quanto riguarda invece più direttamente la mia persona, fin da piccola mi immaginavo di vivere all’estero. Non è semplice da spiegare, ma mi venivano alla mente immagini di posti che io non avevo mai conosciuto; né in prima persona, né attraverso mia madre quando ero nella sua pancia. E per quanto possa essere incredibile da credere, io certe immagini le ho ritrovate – identiche e precise – in due luoghi dove sono stata e che adoro: in Argentina ed in Italia. Tant’è vero che sia qua, sia in Argentina io mi sento davvero come se stessi a casa mia! Poi cos’altro… beh ero molto timida. Davvero molto, molto timida. A tal punto timida che a scuola non giocavo manco con i compagni, ma me ne stavo da sola in un angolo. Anche se c’è da dire che all’epoca in Venezuela c’era molta discriminazione, ed essendo io una delle bambine con la pelle più scura della scuola non è che ci fosse la fila per coinvolgermi.
E c’è qualcosa che ti manca della tua infanzia?
Vediamo… Una cosa che sicuramente mi manca era la mia capacità di vedere lontano, di intuire come andavano mutando le cose od a cosa mi stavano portando. Ad esempio a 10 anni, quando ancora vivevamo nell’abbondanza, dicevo a mio padre di investire i nostri soldi, di comprare un’altra casa; ma non venni ascoltata e quando arrivò inesorabile la crisi, non eravamo particolarmente preparati per affrontarla.
Che rapporto hai con la natura? L’Estado Bolivar è un territorio ricco di fiumi e caratterizzato da una fauna e da una flora esotici; come del resto dici tu stessa in sede di presentazione sul tuo sito.
Ho da sempre un rapporto molto stretto con la natura, tanto che mi viene da dire che siamo la stessa cosa. Ed anche qui a Roma, per mia fortuna, questo mio rapporto con la natura non si è interrotto. Infatti dalle finestre di casa mia non vedo traffico e palazzine, bensì il Parco di Veio. Io la mattina appena alzata ho bisogno di vedere il verde! E perché no, in futuro, se mi sarà possibile, mi farebbe piacere avere ancora più contatto con la natura. Penso che non potrei mai rinunciare al dialogo costante che in realtà tutti noi esseri umani abbiamo con la natura.
Prima ho fatto riferimento al tuo sito internet, lascia che ti faccia i miei complimenti. È fatto davvero bene. L’ho trovato molto curato ed elegante.
Oh grazie mille! Sono contenta anche perché la pagina l’ho fatto io. Ovviamente ci sono ancora dei miglioramenti da apportare e devo sempre trovare il tempo per caricare tanti altri materiali.
Quando hai avvertito il richiamo dell’arte? E fin da subito eri orientata verso la recitazione?
È stato a scuola durante una lezione di letteratura. Avevo 12-13 anni. Dico subito che io ero molto pigra e svogliata. Ritenevo che quello che mi stava venendo insegnato non mi serviva a niente. E penso che il mio tuttora conflittuale rapporto con la lettura – compro tantissimi libri ma non finisco mai di leggerli perché prima ancora degli occhi mi si stanca la mente – sia dovuto ai miei insegnanti di allora. Comunque, ti raccontavo che avvertii il richiamo dell’arte durante una lezione di letteratura quando iniziammo le prove per uno spettacolo teatrale. Per la prima volta primeggiavo in qualcosa! Per la prima volta ricevevo un complimento da parte dei professori; perché in genere ero sempre invisibile. Ma soprattutto finalmente anche io potevo dire di aver trovato la mia strada. Devi sapere che nella mia famiglia sono tutti musicisti e non era pensabile che qualcuno dei suoi componenti non arrivasse a sviluppare il talento per il canto od imparasse a suonare uno strumento. Chi non cantava, suonava; questa era la “regola”! Al punto tale che se ciò non avveniva, venivi considerato un alieno. Io ad esempio ero e sono molto stonata, ma compensavo in qualche modo cercando di suonare le percussioni; almeno fino a quando non ho scoperto la passione per la recitazione. Ed allora ho capito che il mio “istrionismo genetico” chiedeva di manifestarsi attraverso il teatro; ma non per recitare tanto per il gusto di recitare, bensì puntando a trasmettere emozioni. A me piace emozionare la gente. Recitare senza suscitare emozioni in nessuno è noioso!
Hai iniziato gli studi di recitazione in Venezuela e poi li hai proseguiti in Argentina; ma come è stato per te doversi trasferire?
Gli studi di recitazione li ho iniziati nella mia città, ma quando ho compreso che era difficilissimo entrare nelle accademie e nelle scuole di arte drammatica sono andata a Caracas a studiare per diventare indossatrice. Diciamo che dal momento che era praticamente impossibile seguire l’iter artistico normale, ho deciso di inventarmi un percorso alternativo – quello di modella, appunto – per arrivare alla recitazione. Nella vita bisogna essere un po’ strateghi! Soprattutto poi se non hai un cognome di quelli importanti e che contano. Quello che però molti non sanno è come io poi sono arrivata in Argentina… È una storia rocambolesca che merita di essere raccontata. All’epoca io lavoravo part-time come commessa in una profumeria; e tanto che mi annoiavo a stare lì in piedi in attesa di qualche cliente, che spesso mi veniva di addormentarmi. Un giorno allora, mi allontanai dicendo che sarei andata a prendere un caffè per svegliarmi un po’ e non sono mai più tornata. Il caso ha voluto che proprio in quei giorni l’agenzia di moda presso cui lavoravo si stava occupando di portare delle ragazze a fare dei provini per il Circo Tihany; il terzo circo più grande al mondo. Sapevo dove sarebbero passati a prendere una delle ragazze e, fuggita dalla profumeria, mi sono andata ad intrattenere accanto a lei. In realtà sapevo anche che quelli del Circo cercavano però tutte ragazze bionde; tipo russe, per intenderci. A me la cosa semplicemente non interessava. Quando è poi arrivata la macchina a prelevare la mia amica, il posto per me chiaramente non c’era; ma io sono salita lo stesso e per tutto il tragitto ho finta di non sentire chi mi ripeteva fino allo sfinimento che erano state espressamente richieste solo ragazze bionde. Come credi sia andata a finire? Ovvio no!? Mi hanno presa! E quel lavoro mi ha cambiato la vita. Grazie quindi ad una tournée di livello mondiale con il Circo Tihany sono potuta andar via dal Venezuela. Una cosa che in quel momento non avrei mai potuto fare con i miei propri mezzi, dal momento che ero davvero molto piccola. Il mio sogno però restava sempre quello di studiare recitazione; e quindi, cosciente che non avrei retto a lungo la vita zingaresca che comporta il lavorare in un circo, iniziai a cercare di capire dove mi sarebbe piaciuto di più fermarmi per realizzare il mio sogno. In un primo momento mi ero decisa per la Spagna, ma poi ho saputo che in Argentina c’erano le migliori scuole di recitazione del mondo. E posso assicurarti che non si tratta di una esagerazione; per me in Argentina dovrebbe esistere il turismo teatrale appunto per questo motivo. Con Buenos Aires è stato amore a prima vista. Dissi a me stessa che da lì non me ne sarei mai andata; e pertanto vi rimasi per ben 7 anni.
E la tua famiglia come l’ha vissuta questa tua partenza?
Per la mia famiglia è stato un duro colpo. In particolar modo per mia madre, dal momento che io ero il suo braccio destro; ma grazie anche alla mia caparbietà sono riuscita a far capire sia a lei che a mio padre che il mio non è stato un partire all’avventura bensì un cogliere una importante opportunità per me. Nel mio paese ogni strada mi era preclusa: dalle accademie di recitazione fino alla carriera di modella. Basti pensare che io ero stata selezionata per partecipare a Miss Venezuela, ma poi fui mandata via perché dovevo fare posto ad una ragazza che aveva più soldi. A quel punto realizzai che se fossi rimasta lì non sarei mai diventata nessuno. Pertanto mi sono rimboccata le maniche e ho iniziato a costruire da me il mio futuro. Ho provato quindi a seguire la mia strada, perché se non l’avessi fatto sarei cresciuta infelice e non sarei stata in grado di far felice nessuno; tutto questo senza però dimenticarmi della mia famiglia. Ad esempio mentre viaggiavo e giravo per il mondo conoscendo gente e culture diverse che mi hanno fatto crescere, ho aiutato tutte le mie sorelle a studiare, a laurearsi.
Proprio in Argentina è iniziata la tua carriera artistica. Prima come VJ per l’emittente televisiva canadese Much Music, e poi come attrice di soap operas. Quali sono i tuoi ricordi di quel periodo?
Di ricordi legati all’Argentina ne ho tantissimi, visto che c’ho vissuto per 7 anni. Sicuramente i primi ricordi che mi vengono alla mente sono quelli dello studio del teatro e dei provini sostenuti per fare televisione. Ma soprattutto ripenso alla mia testardaggine… Infatti anche per il provino per Much Music esiste un aneddoto che vale la pena raccontare. Loro cercavano ragazzi e ragazze di massimo 18 anni ed io invece ne avevo già 22. Senza farmi troppi scrupoli, mi presentai ugualmente ed alla fine il provino lo vinsi io! Purtroppo questa magia che qualunque provino facessi lo vincevo io, si è persa quando sono arrivata in Italia. Finanche in Colombia, quando mi misi in testa di voler lavorare con Fernando Gaitán il regista di ‘Yo so Betty, la fea’ (la versione originale del serie tv americana universalmente nota come ‘Ugly Betty’) mi andò bene. Ti racconto: quello era il periodo in cui l’Argentina era stata messa letteralmente in ginocchio dalla crisi e dovevo quindi fare qualcosa per scongiurare che la mia carriera potesse arrestarsi. Venni a sapere che l’emittente televisiva colombiana RCN stava facendo dei provini per una nuova serie tv e senza pensarci su due volte mi presentai. Ed alla fine sono stata una delle protagoniste di ‘Amor a la plancha’ [nel ruolo di Usnavy Copete; domestica amica di Candela].
Dal momento che dei motivi per i quali il successo non è arrivato nel tuo paese me ne hai già parlato tu senza che io arrivassi a chiedertelo, allora ti domando: come sei vista oggi in Venezuela?
Non so se la cosa vale per proprio tutto il Venezuela, ma sicuramente posso dire che nella mia città adesso sono vista come una celebrità. E questo grazie ad un blog che si chiama ‘Guayaneses por el mundo’. Ricordo che era il giorno di Pasqua, ero sola a casa quando all’improvviso mi arriva su Facebook la notifica di una condivisione. Vado a vedere di che si tratta ed apprendo che c’è questa ragazza che sul proprio blog sta parlando di me presentandomi come una attrice guayanesa che vive e lavora all’estero. Messa da parte la sorpresa nel leggere di me su di un blog, decido di rispondere lasciando un mio messaggio di saluto nel gruppo Facebook collegato al blog. Tempo poche ore ed il mio post riceve quasi 800 ‘Mi piace’; lasciandomi davvero senza parole! Io non ci volevo credere. Da quel momento la gente è come impazzita, e nel giro di due settimane gli iscritti al gruppo passano da 20.000 a 30.000. Mentre invece a fine maggio, anzi siamo precisi, domenica 22, viene pubblicata su un giornale locale una mia intervista. Te ne parlo perché pure qui posso raccontarti una cosa curiosa che è capitata. Io l’intervista l’avevo rilasciata tre settimane prima e quasi me ne ero dimenticata; sennonché mi scrive una mia nipote per dirmi che mentre era sull’autobus aveva visto un signore che leggeva un giornale dove c’era la mia intervista. Lei per prima, colta dalla sorpresa, esclama ad alta voce: «Hey, ma quella è mia zia!» ed il signore molto carinamente le regala il giornale. E quando poi quel giornale è stato consegnato a mia madre… è scoppiata a piangere per la gioia. Insomma, finalmente almeno in Guyana si è cominciato a parlare di me e ad agosto la giuria del ‘Guayana en Cortos’ [Festival nazionale del cortometraggio] mi ha omaggiato con un riconoscimento alla carriera ed una giornata interamente dedicata a me. Adesso mi manca solo il successo a livello nazionale!
Con la carriera di attrice e presentatrice si intreccia quella di modella. A tal proposito, proprio nell’intervista apparsa a maggio nel tuo paese, tu hai dichiarato che la vita di modella richiede essere sempre perfetta, desiderata e molto vanitosa. Ma era ed è una vita che senti tua?
Un pochino sì. A me piacciono le cose belle e le persone curate. Naturalmente questo vale anche per me. Io per prima devo essere curata. Più che altro non so se vanitosa è la parola giusta, perché purtroppo nella nostra cultura si finiscono sempre più per confondere autostima e vanità. Io ho sicuramente una grande autostima e non la vivo come una cosa negativa. Adoro giocare con il mio look, a cominciare dai capelli.
Grazie al lavoro di modella nel 2006 arrivi in Italia come testimonial di una casa di moda colombiana in occasione della Settimana della moda a Milano. Da allora non sei più tornata indietro. È una scelta che rifaresti?
Sì, è una scelta che rifarei; ma devo dire che lì per lì non me la sono sentita di lasciare “il mio impero appena conquistato” in Colombia per trasferirmi subito in Italia. In Italia mi ci sono trasferita due anni dopo, nel 2008. E la molla che poi mi ha spinto a mollare tutto è stato l’amore. Volevo avere accanto una persona che mi amasse e provare ad avere una mia famiglia. E malgrado poi le cose con quella persona di cui mi ero innamorata non sono andate bene, rimango sempre dell’idea che tutti almeno una volta nella vita dobbiamo mollare tutto per amore. Io l’ho fatto anche se evidentemente non è stato apprezzato. Posso assicurarti che non me ne trovo pentita perché comunque sul piano professionale quella si è rivelata essere una scelta azzeccata. Nella vita bisogna sempre essere aperti all’evoluzione; perché anche la fama, come tutte le altre cose del resto, svanisce se non si lavora su stessi per rimanere al passo coi tempi. Ad esempio sono convinta che se fossi rimasta in Colombia dopo un poco il pubblico si sarebbe stancato di me ed io mi sarei ritrovata a dover pregare anche solo per fare una particina da qualche parte. Era giusto quindi prendersi una pausa ed allontanarsi per un poco.
Capisco ed anzi non posso far altro che condividere la tua valutazione. Comunque sia, da dove nasce questo tuo amore per il nostro Paese?
Ed allora, il mio amore per l’Italia nasce dal fatto che sono cresciuta tra italiani. Forse non tutti sanno che in Venezuela c’è la seconda comunità italiana più grande al mondo. Pertanto molte cose del vostro paese mi sono state veicolate quasi senza che me ne accorgessi; in quanto in un modo o nell’altro facevano parte della mia quotidianità. Penso innanzitutto al cinema italiano i cui film in bianco e nero venivano trasmessi dalla televisione. Ed anche se non è un film italiano, ricordo come se fosse ieri la Pasqua in Venezuela perché la tv mandava sempre in onda ‘Marcellino pane e vino’. Ancora… il Venezuela è il secondo paese, dopo l’Italia, dove si mangia più pasta; e mio padre, senza saperlo, ha sempre avuto dei gusti molto mediterranei in fatto di mangiare. Diciamo quindi che grazie a lui ho il palato preparato per assaporare appieno la vostra cucina; che adoro!

Alla luce di quella che potremmo definire la tua pregressa “dimestichezza” con l’Italia, come è stato ambientarsi qui? Anche a te è toccato doverti confrontare con certi stereotipi?
Per quanto potrà apparire incredibile certi stereotipi li ho trovati nell’uomo che avevo deciso di seguire e che poi ho sposato. Con lui ho sperimentato sulla mia pelle il matrimonio razzista; una cosa di cui non se ne parla in giro ma che pure è tanto frequente. È complesso da spiegare e come tutte le cose complesse richiede una spiegazione accurata; ma provo a dirtelo in due parole. Io mi sono sposata per amore; avevo già tutto: lavoro, soldi, fama, bellezza e gioventù; davvero non dovevo chiedere niente a nessuno. Ma molto spesso chi sposa una ragazza, una donna straniera appartenente ad una “minoranza” è intimamente convinto che le sta dando una vita migliore a prescindere. E guai a dire ad uno di loro che c’è qualcosa che non va, che vuoi fare di più; perché allora vieni accusata di essere ingrata e di non apprezzare quello che ti è stato regalato. Loro non ti vedono come la persona che amano, ma come una persona a cui stanno facendo un favore! Ah, giusto per la cronaca, non sto più con quell’uomo.
Fortunatamente però, almeno sotto il profilo professionale, l’Italia ti ha dato e ti sta dando tante soddisfazioni grandi e piccole. Qui il tuo percorso artistico si è arricchito ulteriormente. Infatti, oltre ad aver continuato a lavorare per la tv e per il cinema, hai lavorato anche in radio con ben tre programmi; una cosa che so che tu sognavi. Giusto?
Ebbene sì, erano tanti anni che desideravo di fare radio; e grazie a Radio2 ho potuto coronare questo mio sogno. Anzi ne approfitto per ringraziare e salutare l’allora direttore Flavio Mucciante che ha scoperto la mia voce e mi ha offerto di partecipare ad un format – quello della trasmissione ‘Besame mucho’ (2012) – che prevedeva di insegnare lo spagnolo gratuitamente, intrattenendo il pubblico. Sono davvero contentissima per il successo avuto dal programma, anche perché è stato nella TOP10 delle trasmissioni i cui podcast sono risultati più scaricati dagli utenti della rete; giocandocela con quelli delle vecchie trasmissioni di Fiorello e con quelli della storica trasmissione di Renzo Arbore, ‘Alto Gradimento’, i cui materiali furono recuperati e digitalizzati giusto quello stesso anno. Dopo ‘Besame mucho’ – che è valsa a me e ad Ernesto Goio il premio ‘Microfono d’oro’ per la Trasmissione rivelazione – è stata la volta di ‘Kataribe’ (2013) con l’emozione di fare la mia prima diretta radiofonica in italiano; in una lingua che parlo sì da 10 anni, ma che comunque non è la mia lingua madre. Ed infine c’è stata ‘Habla conmigo’ (2013) dove, grazie alla collaborazione con l’Istituto Cervantes di Roma, ogni giorno somministravo “pillole e vitamine linguistiche per sopravvivere in spagnolo in caso di bisogno”. Anche in questo caso la trasmissione ha ricevuto un prestigioso riconoscimento, in quanto il governo spagnolo c’ha tenuto ad inviarci una lettera di ringraziamento per il lavoro culturale svolto da noi a Radio2.
Ma tra cinema, tv, radio e passerella dove ti senti più a tuo agio?
Senza voler fare torto a nessuno, ti dico che mi sento più a mio agio al cinema. Questo perché, come ti dicevo anche prima, per me recitare è trasmettere emozioni; e nel cinema queste risultano amplificate sia per chi recita sia per chi poi assiste. Mentre invece ritengo che la tv sia un po’ più uno strumento di intrattenimento. Forse subito dopo il cinema, mi sento maggiormente a mio agio in radio. Anzi non oso immaginare come potrei sentirmi se un domani mi dovesse capitare l’occasione di fare radio in lingua spagnola; dal momento che, pur avendola fatta in lingua italiana, una volta in onda ogni tipo di stanchezza e di insicurezza svaniva all’istante. Infine c’è il mondo della passerella che per quanto io lo provassi a prendere come una sorta di divertimento, non è comodo per niente: le scarpe ti fanno male, i vestiti sono scomodi da indossare e devi assumere un certo portamento che non è mai troppo naturale e rilassato.
Ed invece come è il tuo rapporto con i fans?
Credo di aver un bellissimo rapporto con i miei fans. Io li vedo come dei colleghi, dei compagni di squadra; in quanto loro sono una parte importante del mondo dello spettacolo. Un artista non può esistere se non ci sono persone che ne ricevono il messaggio. Pertanto io non vedo i fans come qualcosa di esterno a me, ma sono come le persone per cui lavoro. E se io piaccio a loro per come sono e per quello che faccio, loro piacciono a me perché apprezzano il mio lavoro.
La tua vita però non è fatta solo di spettacolo ma anche di impegno sociale. Ti va di parlarne?
Ne parlo perché me lo hai chiesto espressamente, ma in genere non mi piace vantarmi. Molte cose le faccio, ma in modo anonimo. La generosità e la solidarietà in genere preferisco tenerle per me. Laddove mi sono espressa pubblicamente è stato perché c’era bisogno di arrivare alle istituzioni. Anzi, ne approfitto subito per far sapere a tutti i vostri lettori che domani 14 ottobre, alle ore 11, presso la Casa del cinema di Roma si presenterà l’associazione ‘United Artists For Italy‘, composta da tutti artisti provenienti da paesi diversi, appartenenti ad etnie diverse, che a causa degli stereotipi continuano a non essere adeguatamente valorizzati e rappresentati nei media. E per dirla con il nostro slogan: “I talenti artistici sono ovunque, ma le opportunità no”. Il nostro quindi sarà un appello alle istituzioni affinché possano essere sensibilizzati i media ad inserire nel proprio linguaggio la diversità.

Come è invece Ira Frontèn lontana dal jet-set?
Sono una persona che lavora tantissimo. Che ha sempre lavorato tantissimo. Appena arrivata in Italia, pur essendo già attrice, presentatrice televisiva e modella, ho dovuto comunque fare la commessa per una importante casa di moda; e questo non solo per garantirmi un reddito, ma anche per imparare al meglio l’italiano. Anzi io devo dire grazie a quel lavoro ed a tutti gli altri lavori che ti permettono di “sporcarti le mani” perché oggi, pur potendo permettermi di andare ad un evento serale con indosso un bell’abito lungo ed ai piedi delle scarpe con dei cristalli di Swarovski, non ho perso la mia essenza. Sono una persona che cerca di dividersi tra una vita sociale molto attiva, fatta di tanti amici, ed il proprio bisogno di intimità. Quando sono da sola, mi piacere restare in silenzio a meditare, pregare, parlare con Dio. Spesso mi capita di chiedere a Dio di darmi la forza per andare avanti in un mondo che ogni giorno che passa diviene sempre più ostile. E poi cos’altro… sono una persona a cui piace mangiar sano, che non si droga e che pur amando il buon vino non si ubriaca. Insomma sono una persona normalissima che cerca di rispettare se stessa, rispettando gli altri.

Nella tua vita hai viaggiato davvero tantissimo; e se dovessi chiederti un commento seppur telegrafico su ogni posto che hai visitato, ne uscirebbe comunque una sorta di blog dedicato ai viaggi. Ma dal momento che almeno una domanda sui viaggi te la devo fare, ti chiedo di integrare quella che è stata la tua risposta ad una intervista rilasciata prima dell’estate. Lì, alla domanda se per te il mondo era piccolo, hai risposto dicendo che era una sorta di casa elastica e che pur non credendo nei limiti capisci l’utilità delle mappe geografiche.
Sì, il mondo per me è una casa elastica. Ma come ogni casa, anche il mondo deve avere delle regole; altrimenti diventa impossibile gestire questa massa umana in continuo movimento. E quelle regole per me sono rappresentate dalle nazioni e dalle mappe. A me il mondo piace viverlo, lavorare in diversi paesi. Viaggiare è una delle cose che più di tutte ti apre la mente ed il cuore. E non è un luogo comune, il fatto che viaggiare aiuti a conoscere meglio anche se stessi.
Prima di salutarci però, ti chiedo quale è secondo te il segreto per il successo.
Parte del successo dipende da dove nasci, in quale famiglia nasci e da che educazione ricevi. E poi, dopo, da come tu affronti le sfide a cui ti sottopone la vita. Ad esempio io nella mia vita ho vissuto momenti molto duri, momenti molto difficili, ma ho sempre continuato a chiedermi quale era il modo migliore per affrontarli e che cosa la vita voleva imparassi da quelle situazioni. E sicuramente una delle cose che ho imparato è lasciare stare le cose che so che non posso cambiare; o per lo meno, aspetto e cerco prima di capire come evolve la situazione senza lasciarmi prendere dalla smania di risolvere tutto e subito. Inoltre, secondo me, il segreto per il successo sta anche nel capire tu cosa vuoi fare; e dopo cercare di capire come raggiungere il proprio scopo – rimanendo sempre onesti, mi raccomando! Guai a raggiungerlo quando si è ancora impreparati. Il mondo dello spettacolo è pieno di persone che sono state travolte dal successo e che hanno finito per cadere in depressione, nelle spirali dell’alcolismo e della droga. Ma quello che poi conta più di tutto è credere in se stesso e mantenere una propria identità; perché il successo deve essere il tuo, come tu lo immagini e non come lo immaginano gli altri.