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Raffaele Viviani, lo scugnizzo della città partenopea

Che cos’è il teatro? Una semplice domanda a cui si contrappongono tante risposte. Dettagliatamente, il teatro è un insieme di diverse discipline, che si uniscono e concretizzano l’esecuzione di un evento spettacolare dal vivo. Questo termine, di origine latina, proviene dalla parola greca θεατρον; deriva a sua volta dal verbo greco “essere spettatore“, “contemplare” e infine “riconoscere“. Fin dai tempi dei greci, sono esistiti individui che hanno rappresentato il teatro, simboli di questo mondo stupefacente e immenso. Come nell’antichità quindi, anche negli anni recenti e in tutta la storia teatrale, sono vissuti personaggi particolarmente prodigiosi, che si sono distinti rispetto ad altri. Una figura memorabile è sicuramente quella di Raffaele Viviani, attore, commediografo, compositore, poeta e traduttore italiano.

Grande artista del teatro napoletano, Raffaele ha avuto per tutta la sua esistenza un rapporto molto stretto con gli scugnizzi della sua amata città natia. Egli stesso era un ragazzino vivace e irrequieto, caratterizzato da una personalità sbarazzina, e più di chiunque altro, infatti, è stato in grado di riprodurre, esattamente, sul palcoscenico i rumori, i suoni e i canti dei vicoli, delle strade e delle piazze che contraddistinguono la città partenopea.

Viviani è stato protagonista di quel teatro di vita, ha vissuto ogni episodio che ha messo in scena; soltanto una persona come lui, poteva avere successo in questa impresa. Prima di allora, queste vite erano rappresentate in maniera stereotipata. Il commediografo italiano è riuscito a capovolgere la situazione, presentando al pubblico la realtà così come lui la conobbe nei suoi anni giovanili. A partire dalla lingua, quella della “plebe” di Porta Nolana, Porto, del Vasto e di tante altre aree con le loro parole di solito incomprensibili alle classi d’élite.

Lo scenario di molte delle sue opere, è sicuramente la bellissima Napoli dei vicoli, dall’affetto e il calore degli stessi abitanti, fino ai bassifondi, costituiti da un altissimo tasso di povertà, passando attraverso l’arte dell’arrangiarsi. La figura dello scugnizzo ruba tutta la scena e diventa la figura regnante, un semplice ragazzino di strada, con allusione ad un’estrosa vivacità malandrina.

Raffaele cominciò ad accompagnare il padre, vestiarista e poi impresario teatrale, nei teatri popolari, famoso come “Masaniello“, per ammirare il teatro dei pupi, che furono i suoi primi maestri di recitazione. Iniziò, quindi, a frequentare e giocare con gli scugnizzi e fu proprio grazie a loro, che già da adolescente, intraprese la recitazione in piccoli teatri, conosciuti come “Baracche di Zeza“. Il giovane ragazzo interpretava il ruolo dello scugnizzo. Ma proprio su quei palcoscenici infimi, gli individui conobbero la reale personalità di Raffaele, un vero scugnizzo, fin troppo magro e il volto scavato dalla fame, la quale realmente patì dopo la morte di suo padre. Il primo memorabile successo di Viviani arrivò al Teatro Petrella, quando recitò la parte dello “Scugnizzo” di Giovanni Capurro e Francesco Buongiovanni. Indossò così i bene i panni del personaggio, da costringere il comico Peppino Villani, che all’Umberto I interpretava la stessa parte, a smettere di impersonarlo.

L’inizio della sua ascesa, il primo degli innumerevoli successi. Per un talento così grande, la strada, ormai, era spianata.