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Pnd: il piano di digitalizzazione del patrimonio culturale

Il Piano nazionale di digitalizzazione (Pnd) del patrimonio culturale previsto dal Pnrr Cultura 4.0 introduce diverse novità per il settore culturale statale.

La prima novità del Pnd riguarda l’introduzione della licenza d’uso che sostituirà l’autorizzazione all’uso delle immagini. Ciò significa che non ci sarà il copyright e i servizi digitali potranno essere oggetto di concessione o di utilizzo tramite partenariati speciali pubblico-privato. Ma verranno introdotte norme certe riguardo lo sfruttamento dei prodotti digitali. Nel Pnd si fa riferimento ad alcune professionalità digitali, come i digital curator, i cultural project manager e gli economisti della cultura. Questi ultimi però non verranno assunti nell’immediato ma si rimanda a successivi bandi di concorso. Sono previste borse di dottorato di ricerca finanziate dal Pnrr, in accordo con il Miur.

Moro Laura, direttore della Digital Library del MiC, afferma: “Le istituzioni mature che hanno già avviato percorsi di transizione digitale sono pronte per essere federate a un hub nazionale fatto da un’infrastruttura informatica, regole, policy, software e servizi e potranno scegliere quali servizi abilitanti utilizzare. Le strutture non mature possono aggregarsi all’hub nazionale”.

Il Piano favorirà anche collaborazioni con i privati per sviluppare nuovi modelli di business.

Incrementare i ricavi e allargare il pubblico

Il modello di business attuale dei musei statali è basato su ricavi da biglietteria e dai contributi pubblici. Lo scopo del Pnd è quello di “avere maggiori ricavi anche attraverso il digitale. Vogliamo introdurre, in collaborazione con il Miur, borse di studio per dottorati innovativi per figure professionalizzanti a tema digitale, culturale ed economico che ci aiuteranno a perseguire questi obiettivi”.

Attualmente non si sa ancora come funzionerà la circolazione delle immagini e la riproduzione dei beni culturali. “Non abbiamo introdotto innovazioni normative, ma ordinato un settore fatto da diverse regole non armonizzate tra loro e abbiamo studiato l’open access. L’uso delle immagini e delle riproduzioni del patrimonio statale non è liberalizzato totalmente e ciò ha polarizzato il dibattito nazionale: si crede che l’assenza di una licenza open access impedisca la possibilità di fare business. In realtà l’open access si porta dietro tre concetti, il primo quello della licenza, il secondo dell’accessibilità e il terzo dei formati digitali. L’innovazione più importante consiste nell’introdurre la licenza d’uso che sostituirà l’autorizzazione e la non applicazione del copyright. Finalmente i privati che sfruttano immagini o riproduzioni per fini commerciali avranno ben chiaro quanto pagare e a quale ufficio rivolgersi” spiega Moro.

Il ticketing

Infine, bisogna affrontare la sostenibilità delle visite virtuali e dei servizi digitali forniti oggi gratuitamente dai musei. In Italia non è presente una piattaforma di ticketing online per i musei e ciò fa perdere molti introiti. “Insieme alla Direzione generale Musei”- afferma Moro – “stiamo progettando un sistema di biglietteria online che includa piccole e grandi istituzioni culturali”.