Dopo la clamorosa sentenza della Corte Costituzionale sulle pensioni, l’Italia finisce nella lista degli osservati speciali della Commissione Europea. Il timore di quest’ultima, infatti, è quello che l’Italia, per far fronte a questa spesa inaspettata, possa non rispettare gli impegni economici presi con l’Europa.
Intanto il governo assicura che, la manovra economica per adeguarsi alle previsioni della sentenza, non avrà impatto sugli impegni presi poco meno di un mese fa in materia di conti pubblici nel Documento di economia e finanza.
Quello di dover rispettare alla lettera le regole rigide del fiscal compact, senza poter in nessun modo sfruttare le opportunità offerte dalla nuova comunicazione sulla flessibilità, è un rischio che costerebbe troppo all’Italia e che quindi va assolutamente evitato. Per questo non verranno messi in discussione gli indicatori dei conti, a partire dal debito. Tradotto in cifre, però, questo significa che le risorse economiche per la copertura dell’operazione di indicizzazione dovranno essere reperite altrove.
Come più volte ribadito dal Ministro Padoan, il governo tenterà di minimizzare al massimo l’impatto sui conti pubblici che dovrebbe essere di molto inferiore anche alle ipotesi finora circolate di 4-5 miliardi, anche se da altre fonti si è appreso che la cifra, addirittura, arriverebbe ai 16 miliardi. In ogni caso, a parere del Ministro dell’Economia, per far fronte alla spesa, è necessario condurre l’operazione di indicizzazione in tempi e modi diversi.
Il decreto per la rivalutazione delle pensioni, che arriverà probabilmente venerdì al vaglio del consiglio dei ministri, conterrà infatti gli adeguamenti per il passato, ma anche rimodulazioni per il futuro dei parametri previsti dalla legge di stabilità 2014, e, basandosi su criteri di progressività e temporaneità, il testo sarà ispirato alla gradualità sia negli arretrati che nei trattamenti futuri. L’obiettivo sarà quello di modulare l’indicizzazione all’inflazione per fasce di reddito pensionistico. Le pensioni più basse saranno favorite e tutelata, mentre per gli assegni più alti sarà previsto un adeguamento progressivo.
L’idea potrebbe quindi essere quella di rivedere al ribasso anche il meccanismo previsto dalla legge di stabilità 2014 che ad oggi assicura un adeguamento al 95% per i trattamenti tra 1.500 e 2.000 euro, al 75% tra i 2.000 e i 2.500, al 50% tra i 2.500 e i 3.000 euro e al 45% oltre i 3.000 euro.