Quello che da mamma, ormai al secondo figlio, mi chiedo è: ma chi inventa i passeggini/carrozzini si è mai peritato di interrogare o anche solo guardare una vera mamma? Ormai posso definirmi una autentica esperta: dopo due gravidanze e mesi di preselezioni di passeggini, in base alle misure, al peso, alla possibilità di avere il bimbo fronte-mamma, alla reclinabilità e quant’altro, posso dire che un esemplare perfetto non esiste. Vorrei parlare io con una casa di produzione e smontare pezzo dopo pezzo i loro “portentosi, ipertecnologici, oh come sono easy” ammennicoli a ruote piroettanti. L’incubo passeggino con il mio primo bimbo è durato poco: per fortuna è un buon camminatore e non si lamenta mai per farsi prende in braccio (poi basta saper intervallare le passeggiate con pause e rallentamenti ad hoc). Col mio secondo bimbo ho dovuto rispolverare il mio vecchio amato trittico (della cui marca ovviamente non farò menzione Ndr) ma ahimè, dopo un solo mese di uso, qualche gentilissimo lestofante ha ben pensato di sottrarmelo nelle scale del mio palazzo. Eh sì, nella Napoli bene succede anche questo. Ho poi scoperto che esistono antifurto per carrozzino. Troppo tardi e, comunque, senza parole. Ma tanto non potrà sfuggire agli strali delle mie maledizioni e se lo incontrerò sarà spacciato perché il mio carrozzino aveva un pomello “pezzottato” dorato che lo rendeva unico e riconoscibilissimo. Va bene. Archiviata la questione furto con conseguenti maledizioni torniamo all’acquisto del nuovo modello. In 5 anni la tecnologia per le “mamme on the road” pare si sia evoluta, il mio modello non esiste più e così ricomincio il mio tour virtuale tra le varie case produttrici italiane e non. A parte i prezzi assolutamente assurdi (e menomale che a me serviva solo il passeggino e non più il trittico per il quale avrei dovuto chiamare il direttore della mia banca per autorizzare un mutuo) i modelli sono forse anche troppi. Vista l’età ancora piccola di mio figlio cerco un modello “fronte mamma”, di quelli in cui noi siamo più tranquille nel guardare il nostro pupo se rigurgita o azzanna qualche corpo non identificato mentre passeggiamo. Su due milioni di modelli di ogni tessuto, colore, prezzo ce ne sono davvero pochissimi, quindi la mia scelta cade su un modello che ancora maledico. “Iper-leggero, compatto e facilissimo da chiudere” dice la reclame. Ma a reclamare dopo l’acquisto sono io! Il passeggino, anche se lo negherò fino alla morte davanti a mio marito che mi ha accusato di aver fatto le corse inutilmente, è un “chiummo” per dirlo alla napoletana. Pesantissimo, le ruote piroettano secondo possessione demoniaca in direzioni indesiderate anche da Lucifero per tornare al centro della terra; la chiusura nell’opzione “fronte mamma” lascia l’aggeggio mezzo aperto così che non entra in nessun bagagliaio, a meno che non si abbia la navicella spaziale del Capitano Kirk con raggio miniaturizzatore.
Nelle accidentatissime strade di Napoli è un calvario: le ruote si incastrano fra i sampietrini e nelle numerosissime buche, cercare di salire scale e marciapiedi è un incubo (questo di più nella mia città di certo vista la mala gestione del territorio e delle strade, ma anche a Roma o Firenze sui ciottoli i piccoli bambini si trovano a vibrare come in una macchina anticellulite). Inutile poi pensare di entrare nella maggior parte degli ascensori, spesso ricavati in palazzi antichi e non troppo capienti, senza doversi accollare i pupi e piegare le loro “carrozze”. Per non parlare del fatto che spesso noi mamme carichiamo su questi aggeggi tutte le buste delle varie spese e commissioni tra farmacie, salumiere e quant’altro (no, non il nostro shopping, sia chiaro!) e puntualmente alla prima pendenza di 0.04 gradi gli aggeggi si ribaltano come scarafaggi e i nostri bimbi finiscono zampe all’aria, con mele e affini che rotolano qui e li… tanto per gradire.
La domanda sorge spontanea: perché? Perché i progettisti odiano noi mamme? Misoginia? Traumi infantili? Perché realizzare delle macchine infernali che diventano ancor più ingestibili se consideriamo (e i progettisti evidentemente non lo fanno) che una mamma che compra un passeggino ha un bambino che non sa stare in piedi da solo e men che meno cammina. Mentre dovremmo tirar su contemporaneamente le due leve ai lati del manico/sbarra/maniglie per piegare l’aggeggio con una rotazione del parallasse e del centro della terra, il pargolo dove dovremmo riporlo? Tra le gambe? Lo teniamo in bocca come la cicogna? Lo palleggiamo con una combinazione tacco-punta degna del Pibe de Oro sperando che non ci rigurgiti tra un volteggio e l’altro? O lo consegniamo a un passante che nel frattempo può chiamare Telefono Azzurro per denunciarci? No, davvero, è così difficile progettare un sistema di chiusura con un solo bottone o leva? Su, non ci credo… Fatelo per noi mamme e per le aziende per cui lavorate, oh cari progettisti spaziali di aggeggi. Vedrete che le vendite si impenneranno a dispetto della crisi. E non ci sarà più bisogno di spot assolutamente demenziali come quelli che vedo in giro. Mamme fashionissime, capelli fluenti, sorrisi smaglianti, tacchi a spillo e minigonne che con un “zip!zap” chiudono in mezzo nanosecondo il super-carrozzino iperaccessoriato, confortevolissimo, con sospensioni idrauliche e, una volta chiuso, praticamente tascabile. Per favore: basta!