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Oscar Wilde: viene rilasciato dal Reading Gaol

Lo scrittore irlandese Oscar Wilde fu tra le persone più note che furono detenute nel carcere di Reading Gaol. Fu accusato di omosessualità nel 1895 e, nel novembre dello stesso, condannato a due anni di lavori forzati presso la prigione di Reading nel Berkshire, dove passò parte del tempo nella prigione collaborando al funzionamento della biblioteca. Venne scarcerato il 19 maggio 1897. Fu anche testimone dell’impiccagione di uno dei pochi uomini conosciuti durante la detenzione, Charles Thomas Wooldridge, accusato di omicidio perché tagliò la gola della moglie con un rasoio.

Dopo essere stato vittima di alcuni incidenti, Oscar Wilde venne trasferito in un altro carcere, dove gli rasarono completamente i capelli e si rassegnò alla sofferenza della prigione. Le condizioni di salute dello scrittore non erano affatto buone nonostante il parere contrario del medico del carcere, infatti oltre alla ferita all’orecchio, da cui continuava a perdere sangue, si era ammalato di gotta e aveva un principio di anemia.

Ma quello che più terrorizzava Oscar Wilde era il timore di impazzire in prigione, quindi scrisse al direttore del carcere sperando in una diminuzione della condanna, ammettendo tutte le sue colpe e scriveva che la sua mente non poteva più reggere a quelle triste condizioni come, per esempio, all’insufficienza di libri da studiare. In risposta alla lettera fu inviato al direttore un rapporto del medico che diede assicurazione delle buone condizioni della sua salute.

Lo scrittore irlandese, dopo la sua scarcerazione, compose “La ballata del carcere di Reading”. Il tema principale attorno al quale gravita il racconto è la pena di morte, congiunta al senso di alienazione di ogni detenuto, costretto a compiere quotidianamente azioni ripetitive volte alla pura e semplice sopravvivenza. La sua profonda fede nella vita come un’opera d’arte, che fino a quegli anni rappresentò la pura espressione dell’estetismo mondiale, divenne da quegli anni molto pessimistica tanto da logorarlo anche dopo la sua scarcerazione, fino alla sua morte.