Scontri tra manifestanti e polizia si sono verificati a Ferguson, nel Missouri, in seguito al verdetto del Gran Giurì che ha deciso di non incriminare Darren Wilson, il poliziotto ventottenne che lo scorso 9 agosto ha ucciso a colpi di pistola un ragazzo nero di 18 anni, Michael Brown. Molti negozi distrutti, edifici dati alle fiamme, lanci di pietre e bottiglie di vetro contro le forze dell’ordine, diversi feriti: è questo il bilancio delle proteste di Ferguson, dove ad agosto è avvenuto l’omicidio del giovane afroamericano. Le proteste si sono estese anche ad altre città, tra cui New York, Chicago, Washington.
La decisione del Grand Jury (che di norma decide se esistono prove a sufficienza per iniziare o meno un processo penale a carico di qualcuno) di non mandare sotto processo l’agente Wilson per mancanza di prove a suo carico non ha convinto il Ministero della Giustizia, che ha avviato un’inchiesta indipendente per fare maggiore luce sull’accaduto.
I risultati dell’autopsia hanno dimostrato che il giovane è stato raggiunto da almeno sei colpi di pistola, di cui due mortali al cranio e quattro al braccio destro. Al momento, secondo quanto hanno rilevato le indagini dei medici legali, sembra che il poliziotto abbia sparato frontalmente in direzione della vittima e da una distanza non troppo ravvicinata, perché sul cadavere di Michael non era presente polvere da sparo. L’agente si è difeso affermando di essere stato assalito da Brown, che a suo dire era “arrabbiato come un demonio”. Questa forse la dichiarazione che ha impressionato maggiormente i giudici presenti in aula. L’agente avrebbe riportato alcune escoriazioni sul collo e sul viso, segno evidente della colluttazione.
Tuttavia sulla vicenda pesano come un macigno delle vecchie testimonianze, secondo cui pare che Brown, al momento degli spari, non solo fosse disarmato, ma stesse per arrendersi. Le nuove dichiarazioni, fornite in aula, sarebbero apparse contraddittorie rispetto alle precedenti.
Il problema ora negli Usa è porre un argine alla rabbia della gente, in particolare di Ferguson, in cui tre quarti della popolazione è nera e quasi tutti gli agenti di polizia, più del 90%, sono bianchi. Per le strade è divampata una collera mista ad odio interrazziale, alimentata dalla mancanza di coesione e integrazione sociale.
Un appello alla non violenza e quattro minuti e mezzo di silenzio, queste le richieste della famiglia del ragazzo assassinato, per ricordare le quattro ore e mezzo in cui il corpo senza vita di Michael Brown è rimasto sull’asfalto prima di essere soccorso. Il Gran Giurì ha deliberato, ma l’America non ci sta.