Gli Stati Uniti potenzieranno di circa 275 militari le forze a difesa dell’ambasciata Usa in Iraq. La comunicazione ufficiale è stata emessa tramite lettera del presidente Obama al Congresso e, nella stessa, viene chiarito che le forze dell’ordine statunitensi sono in procinto di entrare in Iraq con l’appoggio del governo locale; l’ambasciata americana resterà in ogni caso aperta e al suo interno tutto il personale sarà attivo.
Nel frattempo gli Stati Uniti hanno rinforzato maggiormente il loro impianto di attacco nell’intero Golfo Persico. Sono 2 le portaerei a propulsione nucleare predisposte alla controffensiva: la Uss Harry Truman, posta nella zona del Bahrein a difesa della V Flotta; la Uss George W. Bush. A queste si aggiungono incrociatori, cacciatorpedinieri lanciamissili e la nave anfibia Uss Mesa Verde, con all’interno 550 marine. L’attacco statunitense consisterebbe in raid aerei, droni, missili da crociera Tomahwak, con una precisione in grado di colpire fino ad una distanza di 2.500 km. In realtà Obama sembra aver scartato l’idea di inviare i suoi soldati sul territorio iracheno, ma con l’invio delle forze armate all’ambasciata statunitense, questo non esclude che possano essere predisposte forze in vari punti dell’Iraq, posizionate per procacciare bersagli e indirizzare i raid aerei.
Ieri sera si è tenuto a Vienna il previsto incontro tra i vertici dello stato iraniano e degli Stati Uniti, durante il quale gli Usa si sono dichiarati ufficialmente in accordo con l’Iran ma hanno escluso ogni tipo di appoggio militare per aiutare il governo iracheno.
Intanto la Lega araba si radunerà sia mercoledì che giovedì al fine di “studiare gli sviluppi della situazione critica in Iraq, per prendere le misure necessarie e rimediare”, ha dichiarato Nabil al Arabi, segretario generale della Lega. Nei giorni scorsi i miliziani dell’Isis hanno preso sotto il loro controllo anche Tal Afar, la città a circa 420 km a nord di Baghdad, al confine con la Siria; mentre in Spagna sono state arrestate 8 persone a capo di un’organizzazione preposta al reclutamento di jihaidisti per la lotta in Iraq.
Ciò che sorprende è che la CIA sembrava, all’apparenza, all’oscuro delle future azioni che l’Isis stava per compiere; la CIA gestisce un programma ben definito di droni con l’obiettivo di controllare sia la Siria che la Turchia ed era al corrente dello spostamento dell’Isis verso il confine iracheno. L’Isis, tra l’altro, ha progettato con molta attenzione e precisione l’occupazione delle zone irachene, limitando il potere delle forze militari governative: un lavoro che ha permesso l’occupazione di Mosul e di conseguenza delle altre città, che dovrebbe dunque condurre alla gestione di un unico ‘stato’ tra Iraq e Siria, controllato dagli jihadisti. Un lavoro, in fin dei conti, non più gestito da un’organizzazione terroristica, ma da un’organizzazione conosciuta e potente che spaventa ormai sia l’America che l’Europa, e che trova diffusione anche al di fuori dei confini mediorientali.