Il mondo del calcio è un posto strano, soprattutto quello del marketing. Gli appassionati, come i calciatori, sono sempre alla ricerca dell’ultima moda: dagli scarpini super leggeri, ai tacchetti in fibra di carbonio, passando per le maglie termiche fabbricate con tessuti dal nome impronunciabile. Insomma, le case produttrici ora si sbizzarriscono a suon di colori fluo e attrezzature ultra-tecnologiche. Eppure – già, c’è un “eppure” – esistono persone avulse da tutto ciò, rintanate all’interno della loro trincea di nostalgia. Nostalgia che in questi giorni ha un nome e uno soltanto, quello di Gábor Király: una tuta, un uomo, un filosofia.
Si, okay, ma quest’uomo chi è? E’ il portiere della nazionale ungherese (recentemente qualificata ad Euro 2016), ma soprattutto è una filosofia di vita. Già, perché Gábor rappresenta l’ultimo baluardo del romanticismo sportivo, con la sua storia quasi ai limiti del mito.
Nato nel 1976, esordisce nel calcio professionistico nel 1993 con la maglia dell’Haladás, in Ungheria. Ecco, se ti capita di giocare in porta, in un campo dell’Ungheria agli inizi degli anni ’90, è probabile che quando vai giù per prendere il pallone tu possa trovare di tutto, tranne l’erba. Quindi, il nostro Gábor, per ovviare ai duri e impervi campi ungheresi, decise di indossare una tuta imbottita anche durante le partite. Già, una comoda e nostalgica tuta nera. Ecco, allora, il momento dove la storia di quest’uomo tramuta da ordinaria a mitologica: non avendo la madre pulito quei pantaloni neri in tempo per la partita, Gábor si trovò allora costretto ad improvvisare, indossando stavolta una tuta grigia, quella classica, meravigliosa tuta grigia a pigiamone. Quel giorno, così, l’Heladás vinse proprio grazie ai miracoli di Gábor, che da allora decise di indossare quella tuta anche per gli incontri successivi, fino a farla diventare il suo portafortuna e il suo marchio di fabbrica.
Gábor Király ha portato la sua spontaneità e il suo tutone in giro per l’Europa: dall’Hertha Berlino, al Crystal Palace; dal Burnley, al Monaco 1860; dalle sporadiche presenze col Fulham, al ritorno in patria all’Heladás. Questo ungherese dall’aria bonacciona e dalla personalità alla mano, rappresenta l’essenza del calcio amato prim’ancora che giocato, di quel calcio genuino e anche un po’ rustico che dalla provincia sale fino ai livelli più alti. Un uomo che ha perseguito sempre la propria volontà e che sintetizza ora più che mai la vittoria della sostanza a scapito dell’apparire, della funzionalità a scapito dell’estetica.
Insomma, non tutti i supereroi indossano un mantello, alcuni volano in tuta: Gábor Király, 40 anni e un Europeo da giocare.
Sok szerencsét Gábor!