Nuova scossa per la ‘ndrangheta calabrese: la squadra mobile di Reggio Calabria e il servizio centrale operativo hanno eseguito 16 arresti a vario titolo per associazione mafiosa, estorsione e frode. Sequestrati beni per un valore di oltre 5 milioni di euro. Il blitz della polizia contro la cosca Crea di Rizziconi ha visto tra i destinatari, oltre allo storico capofamiglia Teodoro Crea, anche la moglie, i figli e la nuora. Il figlio Giuseppe risulta essere ancora latitante.
L’operazione della squadra mobile e del commissariato di Gioia Tauro, eseguita questa mattina, ha consentito di svelare molteplici attività criminali con un notevole riferimento alle attività pubbliche della località reggina. Sarebbero coinvolti infatti anche politici locali, che durante questi anni hanno rivestito un ruolo chiave nell’amministrazione, accusati di frenare l’azione politica dell’ex sindaco, il comune di Rizziconi risulta infatti essere da anni al centro di forti ingerenze della ‘ndrangheta. Punto centrale dell’indagine sarebbero una serie di condizionamenti nella pubblica amministrazione, estorsioni, appalti e frodi alla comunità europee. Durante l’operazione sono stati sequestrati molto beni della famiglia Crea tra cui ville e terreni, oltre a conti bancari per un valore complessivo di 5 milioni di euro.
Importante per le indagini è stato il contributo dell’ex sindaco il quale sin dalla sua elezione, marzo 2010, ha avviato una collaborazione con la Polizia di Stato e la magistratura, denunciando irregolarità di natura penale nella gestione del comune, finalizzata esclusivamente a favorire gli interessi illeciti della cosca Crea. Il sindaco Bartuccio ha così scoperto che all’interno della sua giunta e della maggioranza c’erano uomini del boss, numerose furono le minacce e le intimidazioni nei confronti del sindaco, che portarono infatti alle sue dimissioni nel 2011 insieme a tutti consiglieri comunali e allo scioglimento degli organi di governo del comune Rizziconi. Tra gli esponenti politici a finire in manette sono stati Domenico Rotolo e Vincenzo Alessi, assessore e consigliere nel periodo compreso tra il 2010 e il 2011, e Girolamo Cutrì consigliere della precedente magistratura, tutti accusati di associazione mafiosa. Ruolo fondamentale, secondo l’accusa, era quello di Rotolo che portava le istruzioni dei Crea al sindaco, attraverso egli il boss aveva fatto sapere al primo cittadino la volontà di far destinare un terreno a loro confiscato ad attività sportive piuttosto che ad alloggi sportivi. Curtì invece avrebbe tentato di intervenire sulla Giunta per condizionare l’esito del bando di concorso comunale.
Da anni il clan Crea aveva ormai creato una vera e propria comunità mafiosa in grado di poter decidere della vita e della morte di ogni persona nel loro territorio. Nelle carte dell’inchiesta emergono numerosi illeciti ed episodi di diversa natura: quando le vittime non si piegavano al loro volere, gli uomini del clan non esitavano a tirar fuori le armi.