Napoli in questi giorni è scossa più che dalle imminenti elezioni amministrative, da un evento a dir poco curioso: la possibilità che venga sciolta la Deputazione del Tesoro di San Gennaro in base ad un decreto del Ministro dell’Interno, Angelino Alfano. Un atto che sottrarrebbe il Tesoro ai napoletani per darlo direttamente in gestione alla Chiesa. Sui social è già partita da giorni l’allerta per sabato 5 marzo per una manifestazione pacifica contro la decisione del Viminale. Facebook pullula di hastag come #GiùlemanidaSanGennaro e #Sanguediunpopolo, slogan che vogliono sottolineare l’appartenenza del Santo al popolo partenopeo, non solo dal punto di vista giuridico, ma anche viscerale.
Il patrono di Napoli nei secoli ha accumulato una fortuna, dovuta in gran parte alla devozione dei tanti fedeli e alla riverenza che papi, re, regine e capi di Stato hanno mostrato nei suoi confronti, donando gioielli e preziosi manufatti orafi, che oggi compongono uno dei più ricchi tesori della Terra. Ma non solo gioielli, il pezzo forte del tesoro è costituito dalle preziosissime ampolle che contengono il sangue di San Gennaro e che almeno tre volte all’anno sono protagoniste del famoso “miracolo”. Tutta questa immensa fortuna è amministrata sin dal 1527 dalla “Deputazione della Real Cappella del Tesoro di San Gennaro” un Ente composto da dodici membri delle più importanti famiglie napoletane e presieduto dal sindaco di Napoli. Insomma, un ente del tutto laico che gestisce un patrimonio che da secoli appartiene di diritto, con tanto di atto notarile, ai napoletani.
Il ministro Alfano con un decreto ha posto la gestione del Tesoro, non più nelle mani dell’antica Deputazione, ma di un consiglio che verrà scelto per un terzo dalla Curia di Napoli, la quale esprimerà il placet anche per i restanti due terzi. Un atto, quello del Ministero, che già è stato impugnato davanti al Tar dalla Deputazione. Anche il sindaco di Napoli, si è impegnato per compiere tutte le possibili azioni giudiziarie contro la decisione di sciogliere la Deputazione. In realtà, la giustizia amministrativa già si è espressa nel passato. Risale, infatti, al 2012 un parere del Consiglio di Stato che sollecitava la revisione dello statuto della Deputazione, al fine di adeguarlo alle normative vigenti sulle fabbricerie che gestiscono oggetti di culto, ma, d’altra parte, i giudici amministrativi hanno ribadito che bisogna <<rispettare, ove possibile, il contesto storico culturale dell’ente medesimo>>, sancendo di fatti l’autonomia della Deputazione da ingerenze curiali.