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Napoli: l’enigma dell’iscrizione muraria nascosta a Forcella

Napoli, nell’ex Ospedale della Pace, è possibile ammirare una targa con una iscrizione del sec. XVI; essa fu murata nel 1893, proveniente dal vicolo di San Nicola dei Caserti distante pochi passi.

Sulla targa si legge: 

Dio m’arrassa
da invidia canina,
da mali vicini et
da bugia d’homo dabbene”

Ossia: Iddio mi tenga lontano dall’invidia canina, dai cattivi vicini e dalla bugia di un uomo dabbene.

Napoli: i volti nascosti di una città senza tempo

L’edificio su cui è murata la targa con l’iscrizione, attualmente ospita alcuni uffici del comune e del Giudice di Pace; un tempo fu un noto ospedale, poi una Chiesa, ed un Convento, e ancor prima, era stato il palazzo di uno degli uomini più potenti della Napoli del Quattrocento.

L’uomo in questione era Sergianni Caracciolo, Gran Siniscalco del Regno (sovrintendente al palazzo del re) amante della regina Giovanna II d’Angiò.

La storia narra che, in Via San Nicola dei Caserti, al civico 20, viveva nel Cinquecento, un cittadino ricco ed onesto, ingiustamente accusato di omicidio, dai suoi vicini. L’uomo, non riuscì a difendersi da quelle ingiurie, e venne giustiziato.

Prima di morire, decise di lasciare tutti i propri beni all’Ospedale della Pace, a condizione che all’interno della struttura venisse affissa una targa che egli stesso aveva fatto realizzare.

Se per qualche motivo, quell’iscrizione fosse stata rimossa, sarebbe passata subito all’Ospedale degli Incurabili.

Come da accordo, la targa fu affissa all’interno dell’Ospedale della Pace, anche se attualmente si trova in un’altra ala dell’edificio e non nell’ubicazione iniziale.

Le voci degli abitanti di Napoli, sottolineano che ancora oggi, qualcuno vigili su quella targa, lì murata, e ogni notte vada a controllare, e qualcuno afferma di aver visto più di una volta, un uomo vagare proprio in quella zona, probabilmente lo spirito dell’uomo giustiziato.

Naturalmente queste sono solo quelle che possono essere definite “voci di popolo”, tipiche di una città ricca sì di storia e cultura, ma anche tanti misteri. In realtà, tale storia sembra ancora oggi affascinare i turisti che visitano quella zona di Napoli, con meraviglia e stupore.

Gli aspetti linguistici e culturali di quell’iscrizione

La targa, oggigiorno, si pone come un vero e proprio monito, soprattutto per i giovani, e genericamente contro le ingiustizie e le ingiurie. Un tema fortemente attuale, e soprattutto spesso dibattuto.

Analizzando il testo dal punto di vista etimologico, si comprende che il termine “arrassa”, derivi dallo spagnolo arrastrar e significa letteralmente “allontanare”, “spostarsi”. 

Si tratta di un vero e proprio ispanismo, uno dei tanti, dovuto alla presenza spagnola, e che, linguisticamente crea delle sovrapposizioni tra livelli, che rendono talvolta difficoltosa l’individuazione dell’origine delle parole di un registro linguistico.

Ricordiamo che il termine “arrassare” è ancora oggi utilizzato nel dialetto napoletano, con il significato di: non sia mai”, “lungi da me”.

A far chiarezza su quell’iscrizione, fu Benedetto Croce che scrisse:

“E vogliono che fosse l’estrema voce, l’ammonimento che andava oltre la tomba, di un dovizioso cittadino dimorante colà presso, il quale, per invidia e sopra false testimonianze accusato di omicidio, fu tratto al patibolo, e, prima di morire, legò tutto il suo all’ ospedale della Pace con l’ obbligo di fare scolpire quella lapide e mantenerla in perpetuo”.