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La ‘Napoletanità’

Amedeo Colella
Amedeo Colella

Da sempre Napoli è protagonista di proverbi e citazioni di poeti e autori famosi, raffigurata al centro di una cartolina antica o immortalata in una fotografia d’autore in bianco e nero. Vedi Napoli e poi muori disse Goethe e da bocca in bocca, dopo anni e anni, questo motto continua a navigare nella storia, a solleticare la curiosità dei turisti che a frotte visitano e si lasciano affascinare dalla città più bella del mondo. Ma Napoli è anche la patria del popolo quindi della tradizione, del folclore e della cultura sussurrata fuori ai bassi o strillata da balcone a balcone nei quartieri rionali. Napoli è l’orgoglio per i tifosi, è poesia per Salvatore Di Giacomo, è musica per Lucio Dalla, è teatro per Totò, è arte a ogni angolo. Napoli è anche cultura, studio delle etimologie delle parole, storia della toponomastica, origine della gastronomia, leggende e vicende reali che si alternano come in una danza speciale. Dai famosi paraustielli, alle storie dei quartieri Spagnoli, da via Benedetto Croce a piazza del Plebiscito, Napoli racchiude in sé un fulcro nevralgico di cultura, la napoletanità. Inoltre il napoletano non è più considerato un dialetto, ma bensì una vera e propria lingua, patrimonio dell’UNESCO; una lingua di poeti, autori, cantanti e artisti.

Chi, in questo nostro viaggio speciale, può meglio aiutarci a delineare le caratteristiche della napoletanità se non Amedeo Colella? Autore di libri e docente universitario della cattedra di napoletanità, Amedeo Colella ha scritto Manuale di Napoletanità e MangiAnapoli, opere disponibili per i lettori appassionati della bella Partenope nelle librerie Feltrinelli.

Amedeo Colella, come nasce l’idea del suo libro Manuale di Napoletanità?

«L’ispirazione è nata dalla cultura anglosassone; ho scoperto infatti che in Inghilterra esistono i bathroom book, i libri da leggere stando comodamente seduti al gabinetto. L’idea è quella di stare accomodati sulla tazza e utilizzare il tempo che ne deriva acculturandosi un po’; Manuale di Napoletanità non è un libro spocchioso, ma un libro ironico che con la famosa premessa colloquiale ‘decenza parlando’ tocca argomenti tipicamente napoletani. Ho voluto scrivere questo libro proprio per elencare quanti buoni motivi ci sono per essere fiero di Napoli, anche se il periodo storico era un po’ avverso: la camorra, la spazzatura, il crimine e tanto altro ancora. Il libro, ricco di esoterismi, spazia dai turpiloqui che sviluppano l’innovazione lessicale, dalla creatività napoletana nell’insultare il prossimo con metafore pittoresche; dai proverbi napoletani all’etimologia delle parole che derivano dal greco e dal latino, ma anche dallo spagnolo. Nel libro parlo della storia di Napoli con irriverenza, per esempio con le 6 Regine Sfortunate di Napoli, senza annoiare il lettore con troppe date, ma con leggende divertenti e curiose. Il libro offre una cornice alle Stazioni della Metropolitana di Napoli, tra le più belle d’Europa, musei a cielo aperto. Inoltre nel libro, per sondare l’indice di apprendimento del lettore, ogni mese c’è un test da compilare per verificare il ‘livello’ di napoletanità appreso. Ben 365 lezioni semiserie su Napoli, una per ogni giorno dell’anno»

MangiAnapoli. Cosa ci può dire di quest’altro suo libro?

«In MangiAnapoli offro un’accurata descrizione di ben 180 cose che a Napoli devono essere assaggiate almeno una volta nella vita. Ovviamente tutte le prelibatezze enunciate nel libro sono state ampiamente gustate da me in primis. La gastronomia è la regina del popolo napoletano: come non accennare alla pastiera, ai babà della Vicaria, alla pizza di Starita, al caffè del Professore, alla pasta e patate di Nennella. Il cibo poi oggi va tantissimo: libri di cucina, programmi tv ed era giusto che anche Napoli avesse la sua parentesi, il suo palcoscenico. Non mi aspettavo un successo così grande. L’idea anche di mettere in copertina Pulcinella è sembrata all’inizio una scelta banale, ma poi si è rivelata vincente, in quanto attira il lettore che da tempo immemore ormai, s’identifica in questa familiare maschera napoletana»