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Playoff mondiali: la nazionale azzurra si lecca le ferite

Tutti abbiamo assunto un atteggiamento più o meno (s)composto, dopo l’infausta serata della (s)Favorita di Palermo, dove si è consumato uno dei drammi ciclici del nostro calcio. Avevamo appena inneggiato alla sua rinascita, con la vittoria europea della nostra Nazionale, grazie a Mancini, e adesso qualcuno ne ha invocato il “crucifige” (crocifiggetelo, per chi ha studiato l’inglese e non il latino). Si parla dei dieci milioni di dollari “sfumati” e di PIL, che ne soffrirà, più che della perdita della faccia. Coloro che speravano di lucrare (sponsor, indotto, affaristi) dalla torta mondiale, hanno fatto amare considerazioni sui danni di immagine e di portafoglio, proponendo la propria soluzione, secondo convenienza. Il presidente della Figc Giuseppe Pasquale, nel 1966, dopo la sconfitta di Middlesbrough con la Corea, cacciò il c.t Fabbri e chiuse le frontiere per valorizzare i giocatori italiani. Poi, al comando della Federazione arrivò Artemio Franchi (grande dirigente) e l’Italia, guidata da Valcareggi, nel 1968, solo due anni dopo la Corea, vinse l’Europeo giocato in casa.

Ora non si possono chiudere le frontiere, perché siamo in Europa: così semaforo verde per stranieri, sceicchi, petrolieri, o gente squattrinata. Mettersi d’accordo per frenare l’ondata dei Carneadi che arriva da noi non si può perché c’è chi ci guadagna. Non possiamo neppure fare gli xenofobi anche perché i nostri grandi imprenditori se la sono squagliata (facile individuarli) e molti club sono in mano ad americani, cinesi ecc. Secondo voi, costoro son venuti a far beneficenza? Molti di loro son sbarcati sperando di lucrare costruendo stadi e fare altri tipi di business, ma devono fare i conti con i potentati nostrani. Alcuni sono già fuggiti. In due parole: dietro il gioco più bello del mondo, ci sono gli affari più belli del mondo. La Figc deve convivere con club famelici che cercano di imporre le loro scelte. Il codazzo degli “agit prop” sostiene spesso interessi paralleli. Insomma, il calcio è “res nullius” (cosa di nessuno, cioè di tutti) e molti cercano di speculare. Un altro capitolo scottante, che riguarda l’elefantiasi del calcio mondiale riguarda Fifa, Uefa e tutti gli altri che organizzano le manifestazioni megagalattiche corredati da nani e ballerine: macchine da soldi che propongono Mondiali ogni due anni, Coppe e Coppette, Superleghe. Si gioca troppo, i calendari sono intasati.

Ormai il calcio è come il personaggio mitologico di Erisittone che mangiò sé stesso. Le autorità costituite ci spiegheranno certamente l’utilità dell’amichevole Turchia-Italia, tra squadre che non andranno ai Mondiali. Mancini sarà senza Verratti, Berardi, Luiz Felipe e Mancini infortunati; Jorginho, Immobile e Insigne spediti a casa. Si parla di una formazione con De Sciglio, Acerbi, Chiellini e Biraghi; Tonali, Cristante e Barella (Locatelli); Zaniolo (Politano), Scamacca, Raspadori. Il c.t., dopo la delusione iniziale, avrebbe deciso di restare per la seconda rifondazione della Nazionale, ma vuole ancora concedersi qualche giorno di riflessione. In questi (infausti) giorni si solo levate voci a favore dei vivai (non ci sono più attaccanti nostrani, è il grido di dolore). Ma bisogna mettere mano a un’operazione di pulizia degli angoli del nostro calcio dove si sono accumulate ragnatele, spazzatura, ecc. Una profonda riflessione la dobbiamo fare pure noi: la forza della critica costruttiva (Brera, Palumbo, Zanetti, ecc.) aiutò in passato il calcio a superare momenti difficili. Ora il panorama delle idee ci sembra diverso, forse ammosciato e soprattutto conta solo quello che rende.

Vogliamo dire: tutti abbiamo le nostre colpe, con la nostra visione utilitaristica o miracolistica del gioco del pallone. Le attenzioni del nostro mondo sono state attratte più dal campionato (Juve-Inter è più vendibile alle folle) che ai veri problemi dell’organizzazione pallonara. L’esame di coscienza dev’essere collettivo e non lasciare spazio solo alle accuse: ma meno di un anno fa eravamo i migliori d’Europa, ora siamo i peggiori del mondo: non vi pare eccessivo? Se alcune delle teste coronate ci hanno lasciato per campionati più ricchi, un motivo ci sarà. Se il nostro calcio di club non è vincente da oltre un decennio, vuol dire che siamo scarsi e la prosopopea dovrebbe lasciare spazio ad atteggiamenti più umili. La Francia una volta non era nessuno. Oggi è fra le grandi potenze, come la Germania. Ma entrambe le nazioni hanno costruito scuole calcio, centri tecnici, impianti e sono diventate vincenti. Negli ultimi 16 anni hanno conquistato (con la Spagna) i Mondiali. Noi siamo rimasti fermi al 2006: usciti di scena i Buffon, Cannavaro, Pirlo, Del Piero, Totti ecc. abbiamo vissuto solo di ricordi. Occorrono uomini con idee valide, che sappiano spendere: non solo polemiche e guerre intestine. Ma un Franchi non c’è più.