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sabato, 30 Settembre 2023

Il mistero della ragazza col turbante

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Su di lui si sa ben poco e le scarse note biografiche hanno contribuito ad avvolgere l’immagine di Jan Vermeer in un’aura di fascino e mistero: la sua vita si muove tra congetture e leggende non esistendo infatti, testimonianze dirette o lettere autografe che lo riguardino. Persiste un alone di mistero anche per quel che riguarda l’evoluzione del suo stile poiché tra i suoi dipinti, soltanto due recano una data. Eppure, nell’ambito dell’arte olandese la sua fama oggi è seconda solo a Rembrandt.

Nella scarsità di informazioni emerge però l’immagine di un lavoratore instancabile, che prima di dedicarsi alla pittura svolgeva diverse attività per sostenere la sua famiglia. Come il padre Reynier Janszoon, sembra infatti che Jan lavorasse come mercante d’arte e albergatore della locanda Mechelen nella natia Delft, città in cui ha speso la sua intera esistenza e che ha immortalato nelle sue opere; proprio questa locanda era il luogo da cui trarre ispirazione per rappresentare la frenetica cittadina commerciale, l’umanità di passaggio nelle taverne olandesi e la poesia del quotidiano negli interni borghesi. Per quanto la sua fama crebbe rapidamente in vita un altrettanto rapido declino seguì alla sua morte: la sua opera venne ignorata per quasi due secoli, fino a che un critico francese, tale Théophile Thoré, non scoprì in esilio la splendida “Veduta di Delft” dipinta da Vermeer intorno al 1601. L’interesse per questo artista “trascurato” lo condusse a rintracciare e identificare gran parte della sua produzione.

Nei mesi scorsi protagonista di una retrospettiva a Bologna, “La ragazza col turbante” meglio nota come “La ragazza con l’orecchino di perla” una delle tele più famose al mondo, merito anche della scrittrice Tracy Chevalier che che ne ha incrementato la fama con il suo romanzo. Definita la “Monna Lisa del Nord” è uno dei numerosi ritratti che Vermeer dedicò alle fanciulle olandesi, rappresentate a mezzo busto e immortalate come se si voltassero d’improvviso verso lo spettatore che catalizza per un attimo la loro attenzione in una data che si aggira attorno al 1665. La ragazza col turbante, col suo sguardo seducente e malinconico, è illuminata nello sfondo neutro, come se la luce fosse sprigionata direttamente dal suo viso. Questo effetto venne ottenuto da Vermeer attraverso le sfumature color pelle sui lineamenti del viso, morbidi e luminosi, portando l’attenzione alle labbra accentuate da un delicato color rosa. Ma non è solo la bellezza e lo sguardo ad attirare l’attenzione del pubblico, da sempre infatti ci si domanda chi realmente ci fosse dietro la donna del quadro. Se la storia romanzata della Chevalier non convince, sulla fantesca di cui s’innamora Vermeer, molti ritengono che la figura ritratta sia una “tronie” che sta semplicemente per “faccia”. Con questo termine infatti si utilizza definire un viso indistinto, ovvero una rappresentazione a metà tra vero e figura immaginaria. La donna indossa infatti un “turbante” costituito da una fascia azzurra e un panno giallo, un orecchino di perla probabilmente in vetro e non autentica, come d’abitudine portavano i borghesi, unita a una giacca dell’epoca con lunghe maniche in uso nel seicento ma lo stile generale richiama ad un abbigliamento esotico.

Che si tratti di Maria Vermeer, figlia dell’artista, o della timida fantesca come sostenuto dal regista Peter Webber che ne ha tratto un film nel 2003, o semplicemente di una ragazza immaginaria non lo sapremo mai: ciò che resta intatto è il fascino senza tempo che cattura lo sguardo di chiunque la guardi.

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