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Spalletti: sedotto ed esonerato.

Una legge, un comandamento, una certezza, nel calcio niente sentimenti, la teoria della relatività del tempo, l’unico caposaldo che ti permettere di considerare un attimo come l’eternità che i tifosi tanto amano e farselo bastare, perchè un secondo dopo il gol o alla fine della partita che ricorderemo per sempre, tutto può cambiare. Due anni fa veniva ingaggiato dall’Inter Eugenio Spalletti che era reduce dalla buona stagione alla Roma, arrivata al secondo posto dietro la solita Juventus e venne accolto ne più ne meno come lo è stato in questi giorni Antonio Conte: squilli di fanfare. Il profeta di adozione russa, 5 anni allo Zenit di San Pietroburgo con 2 scudetti vinti, veniva a  Milano per sostituire la cooperativa di tecnici che si erano alternati nella stagione 2016-17, nell’ordine De Boer, Vecchi, Pioli, Vecchi (il ritorno) con l’obiettivo di dare stabilità ad una panchina caracollante, probabilmente vittima di un sortilegio, se anche l’attuale CT della nazionale Mancini, ex gloria nerazzurra, con tanto di contratto in tasca, l’anno prima si tirò fuori dalla lotta, dicendo “no grazie, vado via”. Insomma una patata bollente affidata dalla giovane proprietà cinese nelle mani del navigato tecnico di Certaldo, che pochi mesi prima, a proposito di casi spinosi, aveva gestito l’addio al calcio di Francesco Totti (mah…?). Nel primo anno, tendenzialmente di rodaggio, l’Inter, ad un inizio di stagione incoraggiante ha alternato fasi di confusione tattica che per poco non ne hanno causato l’estromissione alla Champions, raggiunta in modo rocambolesco nell’ultima giornata di campionato con la vittoria a Roma contro la Lazio per 3-1. Il secondo anno sarebbe dovuto essere quello buono per insediare lo scudetto ai bianconeri ma è stato un continuo alternarsi di momenti “così-così” a momenti no, con una squadra che possedeva un solo canovaccio tattico “palla ad Icardi in area di rigore”. Con l’arrivo di Marotta, con il suo bagaglio “stile Juve”, facendo fuori l’argentino ha mandato in malora pure quello: risultato? anche quest’anno è stata raggiunta la qualificazione nella “Coppacampioni” al fotofinish, dietro all’Atalanta, nell’ultima gara a San Siro contro l’Empoli con un distacco dai campioni d’Italia di 20 punti e 10 dal Napoli. Possiamo dire che, ad onta dell’inizio articolo, la mancanza di sentimenti in questo caso non c’entra nulla perchè Eugenio Spalletti questo esonero se lo è meritato alla grande, sbagliando tutto quello che si poteva sbagliare, tatticamente e nella gestione degli uomini a disposizione. A dimostrazione delle azioni poco quotate del mister toscano, nessun squadra sembra, al momento volergli concedere chance di panchina, complice il lauto assegno di 6 milioni di euro che i meneghini saranno costretti a versargli nella prossima stagione; nemmeno all’estero, di solito generoso con i nostri allenatori. Adesso sarà curioso vedere all’opera il sergente di ferro Conte su quegli scranni, per verificare se effettivamente si tratta di una “macumba” contro la società di Zhang o è solo una questione di uomini, che all’Inter, si sa, hanno tutti vita dura. Magari non era tutta colpa di Eugenio.