Sergio Mattarella è il nuovo presidente della Repubblica italiana, il dodicesimo in ordine di successione nella storia del nostro Paese. Con il suo stile misurato, la sua impostazione razionale, il suo essere privo di fronzoli e l’aria da persona seria pare aver conquistato tutti, anche chi in primis, chiamato a seguire i dettami imposti dal proprio partito, era stato invitato a non votarlo. Ma la personalità di Mattarella va oltre le divisioni partitiche, le bandiere e i giochetti di strategia, il suo nome è forte e promette solidità, attaccamento alla Nazione e lealtà alla Costituzione.
Mattarella muove i suoi primi passi in politica dopo la morte del fratello Piersanti, governatore della regione Sicilia inviso ai boss e assassinato in un agguato di Cosa nostra il 6 gennaio del 1980. Fu lui ad estrarre il corpo del fratello maggiore dall’auto subito dopo gli spari mortali e fu lui a stringerlo tra le braccia mentre esalava l’ultimo respiro. Un fratello ucciso dalla mafia ti cambia la vita, e lui, giovane professore di diritto parlamentare all’università di Palermo, da quell’esperienza deve esserne uscito profondamente segnato, e chissà che non derivi da quell’episodio il suo carattere freddo e poco incline a farsi coinvolgere dagli eventi. La lotta alla Mafia ricorre nei suoi ricordi, nel passato e nel presente dell’Italia e viene menzionata anche nel suo discorso di insediamento tenutosi stamane di fronte alle Camere riunite in seduta comune. Figlio di Bernardo, uno degli uomini di spicco della Democrazia Cristiana, all’inizio aveva preferito gli studi alla vita politica, ma ha saputo ugualmente portare avanti il cammino iniziato da suo padre e dal fratello, fino a varcare, poche ore fa, il portone del Palazzo del Quirinale.
Un rapporto non semplice con Berlusconi, le cui radici affondano nell’ormai lontano 1990, quando Mattarella, insieme ad altri esponenti di governo, si dimise dalla carica di ministro dell’Istruzione, in segno di aperta protesta verso l’approvazione della legge Mammì, la quale di fatto giustificava lo status quo che si era venuto a creare nel mercato radiotelevisivo nazionale, permettendone l’ingresso anche agli attori privati. La legge, che portava il nome del primo firmatario, il ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni Oscar Mammì, sancì la nascita delle reti Fininvest, che già da tempo trasmettevano programmi in buona parte del territorio nazionale venendo meno al divieto imposto alla legge. La decisione di porre la fiducia sul provvedimento, presa dall’allora primo ministro Giulio Andreotti, venne contestata con fermezza da Mattarella, a giudizio del quale la norma violava i principi di base della direttiva comunitaria “Televisione senza frontiere” che l’atto avrebbe dovuto recepire. Successivamente la Corte Costituzionale avrebbe bocciato la legge perché contraria al principio del pluralismo dell’ informazione. A distanza di anni gli antichi dissapori non sembrano essersi sopiti del tutto, ma stamane Berlusconi non ha fatto mancare la sua presenza in aula durante la solenne lettura del discorso di insediamento del presidente neoeletto.
Prima nelle fila del Partito Popolare italiano, poi della Margherita, Mattarella è stato anche uno degli autori del manifesto del Partito Democratico. Fine conoscitore del diritto e strenuo difensore della Costituzione, sedeva dal 2011 tra i giudici della Corte Costituzionale, la stessa che l’anno scorso ha decretato l’incostituzionalità della legge elettorale nota col nome di “Porcellum”, adottata nel 2005 in sostituzione del “Mattarellum“, la riforma elettorale voluta proprio da Sergio Mattarella. La legge modificava in senso maggioritario il sistema elettorale italiano, stabilendo una ripartizione dei seggi per tre quarti assegnata con il metodo maggioritario e per un quarto con quello proporzionale. Il Mattarellum è stata la legge con cui gli italiani hanno votato alle elezioni del 1994, 1996 e 2001.
L’elezione di Mattarella porta con sé tante cose: per prima la sua nomina ha Capo dello Stato è servita a Renzi per ricompattare il suo partito, missione necessaria anche se non sufficiente a cancellare il ricordo increscioso dei 101 franchi tiratori che nel 2013 votarono contro elezione di Prodi. Il nuovo presidente arriva in un momento cruciale per la Repubblica e potrebbe fare la differenza. Dovrà seguire il difficile iter di approvazione delle riforme costituzionali, e per queste sembra l’uomo giusto, poi ci sono la lotta alla corruzione, che Mattarella ha già fatto sua, e i rapporti con l’Europa, che sta ripensando se stessa e le sue politiche di austerità. La strada è lunga, ma i presupposti per un buon settennato sembrano esserci tutti. “Viva la Repubblica, viva l’Italia!”.