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Mariano Fortuny e i suoi cento giorni porticesi

Del soggiorno del pittore catalano Mariano Fortuny a Portici nel 1874 ce ne parla Stanislao Scognamiglio nel suo libro Mariano Fortuny e Portici-Cento giorni di felicità.

Si tratta di un lavoro sia storico che narrativo che pone al centro la figura di Mariano Fortuny nella Portici dell’Ottocento.

L’artista dimorò in Villa Arata, sita sul Corso Garibaldi e restò così ammaliato dalla bellezza del litorale porticese da ritornare con grande riluttanza nella da poco capitale Roma.

Ciò significa che nell’Ottocento a Portici doveva respirarsi davvero un’aria particolare per preferirla alla Città Eterna. Durante questo soggiorno il nostro pittore spagnolo amava non solo inviare lettere all’amico Goyena, ma anche mettersi a lavoro alle prime luci dell’alba fino a tarda sera e la sua abitazione era aperta ai giovani colleghi come Eduardo Dalbono (cui è stata dedicata anche una strada a Portici) o Vincenzo Gemito che alla sua morte ne fece un ritratto, un bellissimo busto in bronzo commissionatogli dalla famiglia e che oggi si trova sulla tomba dell’artista a Roma.

Sono tante le opere d’arte nate a Villa Arata una di queste è il Desnudo en la playa de Portici, che ritrae un corpo nudo di spalle sdraiato sulla spiaggia porticese, ma ce ne sono tante altre come I figli di Fortuny nel salone cinese di Villa Arata.

Stanislao Scognamiglio dunque ci offre una descrizione sia della società dell’epoca che del profilo del protagonista del libro assieme al suo stile di vita e ai tratti caratteriali.

Pare che proprio a Portici però Fortuny contrasse la malaria che lo portò alla morte nel novembre del 1874.

Si chiuse così il capitolo di questo grande artista che aveva girato per il mondo e seminato la sua impronta anche qui nell’ambiente partenopeo entrando in contatto con gli artisti napoletani, molti dei quali avevano subito la sua influenza come il già citato Vincenzo Gemito che prese spunto dai suoi disegni a penna, sfumati con l’inchiostro di china.