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Malaparte, Napoli sventrata de “La pelle”

Curzio Malaparte ha il merito di esser stato “antimoderno”, secondo l’accezione di Antoine Compagnon e l’accostamento a grandi della letteratura come Celine e Bukowski, benchè la sua parabola intellettuale e letteraria evolva in una modernità ancora restia a sorgere.

 E lo sfondo che fa Napoli nel suo controverso disegno storico e bellico de La pelle, romanzo del 1949 ne è l’exemplum.

L’ambientazione del Malaparte parte dall’ottica contrastiva e bifocale tra la bonarietà malfidata delle forze d’occupazione alleate e la corruptio inestinguibile tra lazzaro e pulcinellesco tipica dell’ethos resiliente partenopeo sono atte a far perdere a Napoli e ai suoi abitanti la sfera edulcorata per farne uscire la natura ferina e svelarne i contorni del male umano e storico del Freud de Al di là del principio dei piaceri.

Agli occhi del Malaparte  Napoli conserva la scorza dell’antico, di una sopravvivenza “porosa”, chiosando Benjamin, resistente all’ avanzata del tempo fluido.

Malaparte ritrae il male morale nascosto dal fascismo e emerso con la guerra, in un’Italia e una Napoli dilaniata, vittima e carnefice del grande sonno del Ventennio.

Prostituzione, borsa nera, corruzione sono la diagnosi realisticamente resa e simbolica di un male storico e umano, che sprizza subitamente al lettore come un pugno in faccia.

Giganteggiano i “bassi” e la riprovazione di un orrido plastico.

Esemplare è il trimalcioniano banchetto del generale Cork in cui il basso corporeo dell’appetito di un convitto  a base di pesce.

L’evento richiama alla dimensione di un’innocenza perduta da parte di Napoli, metonimicamente richiamante alla sua mitologica sirena, divenuta un’innocente bambina vittima della voracità antropofaga delle lotte manichee tra uomini e altri uomini.

Nelle ultime battute del romanzo anche il Vesuvio entra nell’orbita del Malaparte.

Insieme al tenente Jimmy, mero personaggio bifronte del narratario, l’immago notturna che avvolge il “guaglione fumante” è metafora di un mondo morto nel suo stesso sangue, che unisce la storia senza riconoscere i vincenti alleati e i vinti nazifascisti.

Domenico Papaccio
Domenico Papaccio
Laureato in lettere moderne presso l'Università degli studi di Napoli Federico II, parlante spagnolo e cultore di storia e arte. "Il giornalismo è il nostro oggi."