Quella palla che salta, corre, schizza sul prato verde è un dogma moderno a cui quasi nessuno oggi è pronto a rinunciare, un must occidentale esportato in tutto il mondo che fa tendenza ma scrive anche la storia, è un fenomeno sociale che raccoglie fedeli e supporters in ogni angolo del pianeta, ci si innamora del calcio perché ti permette di urlare all’aperto, di abbracciare sconosciuti e di fare viaggi infiniti per vivere solo 90 giri di lancette e tornare. Ma qualcuno o qualcosa si è messo spesso di traverso a questo disegno quasi perfetto, e spesso è riuscito nell’intento peggiore: rovinarlo.
Regno Unito, Inghilterra, metà anni ’80 – Nella terra d’Albione i primi segnali di violenza negli stadi, la seconda metà degli anni ’80 è caratterizzata da una pratica di repressione totale di quelle frange di tifo più aggressivo, fino alla tragedia dell’Heysel, il 29 maggio del 1985 lo stadio di Bruxelles che ospita la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool si bagna completamente di sangue, perdono la vita 39 tifosi, il senso sportivo di quella partita ci è sfuggito da qualche parte. Ci pensa la Lady di Ferro a dare ordine, nel 1986 viene emanata la prima legge sul calcio, molti lo ricorderanno con il nome di “Public Order Act”, oggi è la costituzione dei diritti del calcio e l’emblema della democrazia sportiva. Quel documento diviso in cinque parti ha permesso a giudici e magistrati di vietare ogni tipo di ingresso agli impianti di gioco ai tifosi ritenuti violenti, già individuati per reati commessi in passato, veniva aggiunta poi la fragranza di reato per chi si rendeva protagonista negli stadi e subito fuori di atti violenti e manifestazioni lesive, chi era sorpreso nel compiere tali azioni andava in carcere, per direttissima, in attesa di giudizio.
Se l’Inghilterra ha saputo risollevarsi e risolvere una volta per tutte l’emergenza hooligans (anche se nel 1989 vivrà con la strage di Hillsborough una delle pagine più nere della storia dello sport britannico), l’emisfero di violenza calcistico si è spostato all’affacciarsi degli anni zero sullo stivale.
Italia, Catania, 2 febbraio 2007 – Il Catania e il Palermo si ritrovano a distanza di decenni insieme in A, la Sicilia celebra un derby d’orgoglio e di lealtà prima che una gara sentitissima da entrambe le tifoserie. Ancora oggi riecheggiano immagini e filmati dell’inferno degno di Dante che avviene sul perimetro esterno del Massimino prima, durante e dopo il match. La partita finisce e nell’aria si sente che qualcosa è accaduto, la conferma arriva attorno alle 22, l’ispettore capo di Catania Filippo Raciti è stato ucciso all’esterno dello stadio. Il calcio italiano cade in un limbo di disperazione e autocommiserazione vorticoso, si fermano i campionati, scendono in campo le istituzioni, chi ha ucciso comincia a pagare e l’opinione pubblica deve far la conta di chi è dalla parte del bene e chi sceglie il male per fare una protesta contro chi protegge ma alla fine è tutto tranne che Stato. Di quella sera fredda di febbraio restano due parole: mai più. I conti però sono tutt’altro che terminati.
Roma, maggio 2014, finale Tim Cup – Stadio Olimpico di Roma, si gioca la 67° finale di Coppa Italia, di fronte Napoli e Fiorentina, la partita inizialmente prevista per le 21 slitta fino alle 21:45, lo ha deciso l’ordine pubblico o forse i tifosi, due in particolare che parlano addirittura con i calciatori, un colloquio che fa storia, uno scambio di battute tra il mondo che sta al di qua del plexiglas e quello dove “vivono” i tifosi. Ciro Esposito un giovane tifoso napoletano viene raggiunto da una pallottola mentre da Tor di Quinto si sta recando presso lo stadio, muore dopo 53 giorni di agonia, il calcio italiano però scompare stesso quella sera insieme a lui e a chi ama davvero questo sport, ad oggi si conosce un colpevole indagato per omicidio volontario, la giustizia però deve ancora fare il suo corso.
Quante Iron Lady dovrebbero nascere nel bel paese per frenare una cultura che si è totalmente capovolta e schiavizzata all’uso degli ultras, dove ormai è abitudine vedere scene rusticane come i colloqui a fine partita piuttosto che gli scontri fuori e dentro gli stadi, all’epoca della promulgazione dell’atto thatcheriano i giornali e chi differiva dall’opinione del primo ministro britannico espressero un forte dissenso sugli effetti benevoli dell’iniziativa, ci volle tempo ma poi si è scoperto che da 25 anni a questa parte i casi di disordini e violenza nella Premier League (nata solo 6 anni più tardi) sono diminuiti del 86%. A noi basta cominciare a crederci, la strada è lunga basta solo tenersi per mano.