In Italia uno dei più grandi problemi per le donne d’oggi è conciliare attività lavorativa e esigenze familiari.
I dati dell’Istat sono lo specchio di quello che le donne, lavoratrici, madri e mogli subiscono: l’Italia non è un Paese per donne e madri che lavorano!
Le donne hanno difficoltà a trovare un’occupazione e non occorre che una ragazza sia già madre per trovare tale difficoltà. Sembra infatti che per le giovani donne e non solo, il problema si presenti, molto spesso, già all’inizio della loro carriera. “Hai intenzione di avere un figlio?” è solo una delle domande fatte dai datori di lavoro, seguono “Sei fidanzata? Prendi precauzioni con il tuo compagno?”.
Non poche sono le ragazze e le donne che raccontano di aver sentito queste domande durante un colloquio di lavoro. Perché in Italia risulta essere una prassi, anche se illegale, informarsi sul futuro delle lavoratrici, se vogliono o meno diventare madri. Certamente avere figli non è un obbligo, ma in Italia per le donne che lavorano e che vogliono lavorare, a quanto pare, non è una libera scelta.
A tutto ciò si aggiunge la c.d. “clausola anti-maternità” in cui si prevede la risoluzione del contratto in caso di gravidanza.
Molte ragazze scelgono di firmare questi contratti perché come dicono in molte “è il mio sogno”, “è la mia vita”, “è il lavoro per cui ho studiato e io e la mia famiglia abbiamo fatto sacrifici”.
Dunque decidono di mettere da parte quella che è la maternità per il lavoro. Molte di queste perché convinte che l’indipendenza economica sia indispensabile per una donna. Il non dipendere da nessuno diventa, come risulta dalle dichiarazioni delle intervistate, una priorità a cui in nessun modo e per nessun motivo si deve rinunciare, in quanto “dà la possibilità di scegliere”. Perché “se dipendi da qualcuno non sei libera di scegliere e se hai figli, anche loro non lo sono” dice Martina, studentessa universitaria. Maria, commessa e madre, aggiunge “se in famiglia sono in due a lavorare si hanno più possibilità e si può fare una vita migliore e garantire un futuro ai figli”.
Ma nonostante queste idee, oggi, molte neomamme smettono di lavorare definitivamente. In Italia, nel 2019, secondo l’ispettorato Naz, 17.000 neomamme hanno smesso di lavorare. Secondo invece un’indagine di Save the Children il 41% delle intervistate dichiara di aver rinunciato alla maternità per motivi lavorativi, con la conseguenza di una diminuzione notevole delle nascite come testimoniano i dati Istat.
Ma se il problema per le donne non si pone al momento della ricerca del lavoro, si pone in seguito.
Infatti, per quest’ultime risulta difficile conciliare lavoro e famiglia.
Secondo i dati Istat una donna su nove rinuncia al lavoro per prendersi cura dei figli. Una percentuale dell’11,1% rispetto una media europea del 3,7%.
Ma le donne oltre a prendersi cura dei figli, spesso si occupano anche dei genitori anziani. Basti pensare che le caregiver dedite all’assistenza ai genitori o agli altri congiunti sono 2milioni, una netta differenza con gli 827mila caregiver uomini.
Per tali motivi le donne spesso rinunciano, o almeno modificano le loro modalità di lavoro, dividendo il loro tempo tra lavoro e famiglia.
Si assiste dunque a due tendenze opposte: da una parte le donne che decidono di rinunciare al lavoro e alla propria carriera o che decidono di ridurre l’attività lavorativa, con la conseguenza che subiscono gravi sacrifici economici; dall’altra le donne che scartano o rimandano l’idea di crearsi una famiglia per impegnarsi nella realizzazione di una carriera lavorativa.
Alla domanda “Rinunceresti al tuo lavoro per prenderti cura dei tuoi figli?”, la risposta delle intervistate, per lo più giovani donne, è stata per la maggioranza negativa e le restanti hanno risposto “Solo se necessario”. Inoltre emerge dalle loro dichiarazioni che tutte sono convinte che la cura e la crescita dei figli vada seguita da entrambi i genitori e non esclusivamente dalla madre.
Nel nostro Paese c’è sicuramente un problema culturale, come sostiene Chiara Saraceno, sociologa della famiglia e filosofa: “In Italia resta forte l’idea che i bambini sono delle famiglie e delle mamme in particolare. I padri si impegnano di più con i figli, rispetto al passato, ma per farlo non sottraggono tempo all’orario di lavoro: rinunciano a un po’ di tempo libero.”
Ma accanto al problema culturale si aggiunge un problema dovuto a scelte politiche: la mancanza di asili pubblici e privati. Questi infatti riescono ad accogliere solo un quarto dei bambini che avrebbero diritto ad un posto e al Sud ancora meno.
Quindi in tale situazione presupponendo che una madre si trovi un lavoro, molto probabilmente non avrebbe un posto dove lasciare il figlio, come è successo ad Anna, madre di un bimbo di 3 anni, che per il momento ha dovuto rinunciare al proprio lavoro.
In quanto pur volendo ricorrere ai nonni per badare i bambini, anche qui sorge un problema: i figli si fanno sempre più da adulti e ovviamente passando il tempo molto spesso capita che i nonni non siano più in grado di “correre dietro un bambino”, perché anziani.
Non a caso le donne meno occupate sono proprio le madri con i figli più piccoli: 53% con i figli 0 -2 anni e 55,7% con figli di 3-5 anni, con un divario tra Nord, Centro e Sud anche in questa situazione.
Ma non solo gli asili nido sono un problema, denunciano le mamme, ma anche le scuole materne, pre e post scuola, babysitter, ludoteche in quanto questi servizi non sono sempre alla portata di tutte le famiglie che ne hanno bisogno, se da un lato per il costo, dall’altro per la totale mancanza di strutture o posti disponibili.
“Sarebbe bello che una donna non debba rinunciare alla propria carriera per realizzare il desiderio di avere un figlio” dice una madre. In Italia certamente molti passi sono stati fatti avanti per tutelare le donne lavoratrici (congedi, permessi di riposo, indennità, assegni economici), la politica ha ancora molto da fare e in contemporanea va modificata l’idea che una madre lavoratrice renda meno, che i figli e la famiglia debbano essere curati dalle donne esclusivamente e che una donna debba scegliere tra lavoro e famiglia.
Anche perché i tempi sono cambiati e le donne sono sempre alla ricerca di una maggiore indipendenza. Molte mirano a ricoprire ruoli di spicco, per cui studiano e si impegnano per anni. Come si evince dalle risposte delle intervistate, tra le giovani donne nessuna vorrebbe rinunciare alla propria carriera per la famiglia. Inoltre tutte le intervistate hanno dichiarato che non metterebbero al mondo un figlio senza avere una sicurezza economica e dunque per questa sono disposte anche ad aspettare.
La mentalità delle donne è cambiata ed è tempo che la politica si adegui, creando sempre più servizi da offrire alle famiglie.
Ovviamente alle scelte politiche deve essere affiancato un cambio nel modo di pensare della società, non solo degli uomini, ma anche nella mentalità delle donne più adulte. Perché non è possibile che oggi, nella nostra società, a sacrificarsi siano sempre le donne.
Bisogna invertire la rotta e trasformare l’Italia in un Paese che dia un’opportunità a tutti, comprese le donne che lavorano.