L’Italia e le sue aree interne sembra essere uno dei temi più ricorrenti, amati e sviscerati, che tanto piacciono alle parti politiche. Dati alla mano quello delle aree interne è un fenomeno che interessa tutto il nostro Paese tanto da indurre il Governo attuale a dover stilare un “Piano Strategico Nazionale per le Aree Interne 2021/2027” (PSNAI) in modifica a quello che era il piano strategico 2014/2020. Il documento, pubblicato dal Dipartimento per le Politiche di Coesione e per il Sud, “fornisce le linee guida per implementare interventi mirati, che rispondano alle specificità di ciascun territorio e promuovano il benessere delle persone, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, partenariato e governance multilivello, tramite l’armonizzazione delle risorse e delle normative esistenti”. Nel documento si legge che “le aree interne si trovano ad affrontare criticità più accentuate, in quanto maggiormente esposte a fenomeni come il forte spopolamento, l’invecchiamento della popolazione e la carenza di servizi. Tali fenomeni colpiscono in modo diverso le diverse regioni, con particolare gravità in quelle meno sviluppate e ultraperiferiche, che risultano essere le più vulnerabili a processi come l’invecchiamento della popolazione, l’emigrazione giovanile e il declino dei servizi essenziali”. L’intero documento ha suscitato polemiche e prodotto faldoni di carte giudiziarie, che, per chi vive in queste aree, risultano essere del tutto irrilevanti.
Quello che invece dovrebbe far riflettere chi queste zone d’Italia le vive, è scritto nella premessa dove la politica stessa fa un mea culpa sulla gestione, evidentemente poco attenta, tenuta in oltre 50 anni di governi vari. In Italia, dal governo centrale alle amministrazioni ed Enti locali, tutti in egual modo, hanno contribuito con azioni ed omissioni a produrre questo desolante scenario. A cominciare dalla carenza dei servizi essenziali a finire alla mancanza di infrastrutture, le nostre aree interne risultano essere lasciate a se stesse in un inesorabile infausto destino, una sorta di deriva costante, inarrestabile e irreversibile. Un quadro decisamente poco edificante, ma soprattutto poco foriero di speranze per le future generazioni . Ed ecco che, nel nostro Paese, le diversità tra Nord e Sud risultano sempre più marcate, dove il Nord, industriale, sociale, inclusivo e lavoratore torna ad essere più appetibile per investimenti economici e qualità della vita. E il circolo chiuso continua come un vortice ad autoalimentarsi e la spaccatura essere sempre più profonda. Sicuramente l’intero documento pone le basi per soluzioni a breve e lungo termine, ma fintanto restano solo come buoni propositi scritti sulla carta, e se non si vedranno cambiamenti significativi, le aree interne non hanno la possibilità materiale di una inversione di rotta.
Persino il Clero, primo sui territori a tastare il grado di difficoltà delle famiglie, dal 2021 cerca di analizzare le problematiche delle aree interne da un punto di vista strettamente pastorale e il 26 Agosto 2025 141 tra Cardinali, Arcivescovi, Vescovi e Abati hanno presentato un documento dove denunciano carenze e propongono soluzioni. In conclusione tante sono le proposte, le idee e le iniziative, ma per attuarle ci vuole una programmazione specifica di un ingente investimento economico, che il nostro Stato, nella fattispecie il governo presente e quelli futuri, deve cominciare a ritenere strettamente necessario per garantire l’unità nazionale e cercare almeno di ridurre, se non azzerare, le diseguaglianze tra Nord e Sud, tra territori costieri ed entroterra.

