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L’intervista di Oriana Fallaci: Totò dietro la maschera

Il principe Antonio De Curtis, in arte Totò, è uno degli attori più amati dagli italiani e i suoi film come “Miseria e nobiltà” e “Siamo uomini o caporali” hanno rallegrato più volte le case di Napoli. Nato nel 1898 nel rione Sanità, il “Principe della risata” è motivo di orgoglio per i napoletani che lo hanno reso un vero e proprio simbolo della città. Dietro le espressioni buffe e quello schema comico che ritorna spesso nei film, si cela tuttavia una personalità complessa e lontana dal personaggio-Totò a cui siamo abituati. A svelarci l’altra faccia della “luna” è Oriana Fallaci con l’intervista all’attore, condotta nell’ottobre del 1963 per L’Europeo, un’intervista che verrà poi raccolta insieme ad altre con altri attori in “Intervista con il mito”. La Fallaci mostra il suo talento di intervistatrice, non solo facendo le giuste domande, domande che diano la possibilità di scrutare nell’animo di Totò, ma anche mettendolo a proprio agio, così ogni quesito si armonizza con la risposta come in un dialogo.

Totò e la nobiltà

I nobili natali di Totò non sono un segreto, altrettanto si potrebbe dire della sua umiltà e del suo altruismo. Il principe della risata infatti per quanto il suo titolo risalga al 362 a.C., come egli stesso dichiara nel corso dell’intervista, ha trascorso un’infanzia difficile nel freddo, nella fame e nella miseria, nonostante le cure dell’amorevole nonna materna. Per questo motivo, malgrado le nobili origini bizantine, il principe dichiara: “il mio più bel titolo resta Totò. Con l’altezza imperiale non ci ho fatto nemmeno un uovo al tegamino, con Totò ci mangio dall’età di vent’anni”. Da ciò si intuisce il valore che Antonio De Curtis attribuisce al lavoro, infatti poco dopo, durante l’intervista, afferma: “Senza contare che io non posso vivere senza far nulla: se vogliono farmi morire, mi tolgano quel divertimento che si chiama lavoro e son morto”.

La risata di Totò

Sebbene sul palcoscenico fosse una maschera sfrenata e farsesca che coinvolgeva tutti, libero da schemi sociali e copioni, nella vita era invece un nobile serio e composto, un tipico esponente della nobiltà napoletana. Mentre in scena abbondavano le risate, nella vita dell’attore mancavano quasi del tutto: quando Oriana Fallaci glielo fa notare, Totò risponde: “Io non rido, sorrido. E, anche quello, raramente. (…)Però vede: non è esatto nemmeno dire che io sia triste: son calmo, privo di ansia. Io l’ansia non la conosco. Deve influire, in questo, il mio residuo di sangue orientale, bizantino”. Dall’intervista emerge una personalità quasi malinconica, profondamente introspettiva: “starei ore e ore fermo a guardare il cielo, la luna. Io amo la luna, assai più del sole. Amo la notte, le strade vuote, morte, la campagna buia, con le ombre, i fruscii, le rane che fanno qua qua, l’eleganza tetra della notte. È bella la notte: bella quanto il giorno è volgare. Il giorno… che schifo! Le automobili, gli spazzini, i camion, la luce, la gente… che schifo! Io amo tutto ciò che è scuro, tranquillo, senza rumore. La risata fa rumore. Come il giorno”.

Il principe misantropo che ama la solitudine

Ciò che Totò non prova a nascondere è il suo essere una persona difficile con cui vivere, a tal punto che tutte le sue amate se n’erano lamentate, inclusa Franca Faldini, sua compagna quando si svolse l’intervista con la Fallaci. “Ho bisogno di esser solo: per contemplare, per pensare… A volte mi danno noia persino le persone che amo: mia figlia, mia moglie… E, quando accade, zitto zitto, mi alzo e vado in camera mia”. Come afferma chiaramente durante l’intervista, Totò non solo non ama molto la compagnia, ma non ama nemmeno gli uomini, ancora peggio se sono “caporali”. Il mondo dal punto di vista di Totò si divide in due tra i caporali, coloro che comandano a tutti i costi (“caporali, vede, son quelli che voglion essere capi. C’è un partito e sono capi. C’è la guerra e sono capi. C’è la pace e sono capi. Sempre gli stessi. Io odio i capi come le dittature”) e gli uomini, quelli che lavorano senza pretendere alcuna autorità. Per questo una delle amarezze che forse tolgono il sorriso al principe nasce dalla constatazione che “di caporali ce ne son tanti, di uomini ce ne sono pochissimi”.

L’amore per i cani

Se Totò non ama l’insensibilità umana, al contrario ama tantissimo il fedele e sincero amore dei cani, tanto da affermare che “un cane val più di un cristiano. Lei lo picchia e lui le è affezionato l’istesso, non gli dà da mangiare e lui le vuole bene l’istesso, lo abbandona e lui le è fedele l’istesso. Il cane è nu signore, tutto il contrario dell’uomo”. Racconta infatti, durante l’intervista, che qualche anno prima, vedendo che in un canile i cani non venivano accuditi con cura (“certi cani magri, tristi, malati”), lo aveva rilevato, facendoci costruire capannoni e cucce, per ospitare un totale di duecentoventi cani.

Al principe Antonio De Curtis piace Totò?

Le rispondo una cosa che non ho mai detto a nessuno, una cosa cui non crederà: ma vorrei ci credesse perché gliela dico col cuore in mano, signorina mia, glielo giuro sulla tomba di mia madre. Non mi piace neanche un po’ ”. Questa è forse una delle verità più inaspettate che l’intervista della Fallaci mette in evidenza: il principe afferma di non amare il suo personaggio né dal punto di vista fisico (“Ma la parte di destra, Gesù! Maria! che roba è? Buffa, dice lei. Senza dignità, dico io”) né da quello caratteriale (“non lo so: mi sta antipatico. Io quando mi vedo, o meglio quando mi vedevo al cinematografo (…), io mi guardavo e pensavo: Gesù, quanto è antipatico, quello”). La distanza tra la persona e il personaggio appare incolmabile, per questo Antonio De Curtis non ama Totò, ma soprattutto non ama i film in cui compare definendoli brutti: “badi che i film umoristici a me piacciono, divertono. Mi diverte Alberto Sordi, mi diverte Ugo Tognazzi, mi divertiva Charlot. Ma questo Totò, parola d’onore, non mi diverte per niente”.