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L’eros e la donna nel Buddhismo

La letteratura buddhista contemporanea affronta idee malsane e illusorie di amore romantico e sessuale. Eppure l’eros non è la stessa cosa del sesso. È un impulso interiore che mira all’unione con fenomeni, idee e persone. Il desiderio sessuale dell’essere umano rappresenta una necessità biologica, invece l’eros può anche essere diretto a virtù morali, natura, musica, cultura e arte. In particolare, può essere rivolto anche alla sfera sacrale. L’ideale buddhista dell’amore si manifesta spesso come gentilezza amorevole (metta) verso tutti gli esseri. Tuttavia, esso è equilibrato dall’intuizione (prajna) nella loro mancanza di un sé inerente (anatman) e vuoto finale (shunyata). La dottrina buddhista spiega che la saggezza facilita il non attaccamento, mentre l’amorevolezza aiuta ad amare gli esseri allo stesso modo.

Monaci, monache e laici promettono di evitare la cattiva condotta sessuale. I primi testi proibivano ogni tipo di attività sessuale ai monaci e alle monache, ma in pratica, in alcuni paesi buddhisti, i rapporti eterosessuali o omosessuali che coinvolgono i monaci sono stati accettati senza grande condanna. Le norme per le monache sono state molto più rigide, a causa dei canoni patriarcali riguardanti le donne. In Giappone e in Corea, i monaci buddisti di solito si sposano, ma le monache no. Per i laici, non vengono forniti dettagli su ciò che costituisce una cattiva condotta sessuale.

In una discussione etica più ampia in uno dei primi testi, l’esempio è dato dal fatto che i rapporti sessuali al di fuori del matrimonio sarebbero “spiacevoli” per il proprio coniuge, e quindi dovrebbero essere evitati. Alcuni paesi condannano l’aborto e il divorzio, ma la maggior parte no, in base alle norme sociali piuttosto che alle norme religiose. Nei paesi buddhisti dove l’aborto è proibito, viene citato il precetto buddhista contro l’uccisione. L’etica buddhista è stata orientata verso il mantenimento dell’armonia sociale piuttosto che un concetto come la nozione cristiana di “peccato”.

Secondo i primi resoconti testuali, la matrigna del Buddha si avvicinò a lui insieme a un gruppo di donne, chiedendo di unirsi al suo gruppo: dinanzi al rifiuto del Buddha, si rasarono la testa, indossando le vesti come i monaci. Ananda, uno dei suoi seguaci di fiducia, ha interceduto con il Buddha per conto delle donne, ripetendo la richiesta che fosse permesso loro di unirsi più volte. Mentre il Buddha finalmente era d’accordo, i testi affermano che egli impose dei regolamenti extra che ponevano le donne in una posizione inferiore agli uomini, e predisse che ciò avrebbe ridotto considerevolmente la quantità di tempo in cui i suoi insegnamenti sarebbero stati ricordati.

Gli studiosi femministi hanno suggerito che alcuni elementi di questa storia sono stati inseriti nei testi più tardi, e che, dato il suo rigetto delle rigide divisioni di casta, ci si potrebbe aspettare che il Buddha abbia trattato le donne come uguali agli uomini. Altri sostengono che, mentre il Buddha può sembrare misogino per noi oggi, il suo atteggiamento era liberale per il VI-V secolo A.C. Egli accettò le donne nell’ordine e fornì loro le libertà sociali e opportunità che altrimenti non avrebbero avuto.

Un certo numero di storie sulle donne nei primi testi buddhisti danno qualche indicazione su chi fossero e quali fossero il loro posto all’interno della comunità. Alcuni erano madri o mogli, spesso abbandonate, che non avevano più nessuno che si prendesse cura di loro. Altre erano donne che abbandonavano le loro vite per girovagare, molte delle quali figlie di famiglie ricche profondamente interessate alle questioni spirituali. Alcune di loro hanno sfidato le norme sociali con coraggio e alcuni hanno intrapreso azioni estreme, come sfigurare se stese, per poter essere ammesse a diventare suore. C’erano anche molte storie di laiche che sostennero generosamente il Buddha e i suoi seguaci. I testi includono alcune storie che esprimono molte opinioni negative sulle donne. Il corpo femminile era descritto come fonte di inquinamento: il parto era inquinante; il rapporto sessuale era inquinante; le mestruazioni erano inquinanti. Le donne venivano ritratte come tentatrici che dovevano essere evitate in ogni momento. Una pratica di visualizzazione per i monaci, attribuita al Buddha, era immaginare il cadavere di una bella donna che si deteriorava dopo la morte. Secondo alcuni testi buddhisti, le donne non potrebbero diventare illuminate, ma devono prima rinascere come uomini. Questa non è una visione coerente, come si diceva che la matrigna del Buddha fosse diventata un arhat, e nel suo caso non si fa menzione di una simile trasformazione.

 

 

 

Vittorio Dezio
Vittorio Dezio
Laureato in laurea triennale in lingue inglese e giapponese. Attualmente studente di laurea specialistica in Storia e civiltà giapponese. Sono un folle amante della letteratura e dei libri. Amo le lingue, in particolare quella del Giappone.