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Le idi di marzo: il brutale assassinio di Giulio Cesare

Le famose Idi di Marzo, anche noto come Cesaricidio, il giorno in cui venne assassinato uno dei più grandi personaggi della nostra storia: Giulio Cesare.

Chi è che non conosce la data in cui avvenne l’assassinio più famoso dell’antichità? Era il 15 marzo del 44 a.C.

Il giorno della morte

Giulio Cesare era in procinto di partire per una nuova campagna militare contro i Geti e i Parti, le idi di marzo ( era un giorno festivo dedicato a Marte, Dio della guerra) era l’ultimo momento propizio per organizzare l’assassinio del Dictator.

Cesare negli ultimi tempi aveva attirato su di se forti disapprovazioni da parte del senato, questo perché temevano che Cesare mirasse ad una monarchia e ovviamente ciò significava la loro eliminazione dal potere; anche alcuni collaboratori erano in forte disapprovazione nei confronti del loro leader, erano stati esclusi dalla campagna spagnola ( una campagna che Cesare concluse con enorme successo) o posti in secondo piano durante le azioni belliche, e covavano dunque un certo risentimento.

Insomma le tendenze al potere autoritario di Cesare, il protrarsi delle guerre civili, le pressioni dei gruppi anticesariani interni al senato e le rivalità esistenti tra gli stessi componenti dell’ambiente cesariano portarono alla morte Giulio Cesare.

Stando alle fonti (assai posteriori), alle 11 del mattino Giulio Cesare uscì di casa senza scorta e percorse la Via Sacra di Roma tra la folla adorante che lo acclamava.

Arrivato nella Curia, mentre Trebonio, un congiurato, tratteneva il generale Marco Antonio con una scusa, il dictator venne circondato dai cesaricidi. Uno ad uno vollero imprimere sul corpo il loro disprezzo, ma anche la loro disperazione contro un uomo che li aveva eclissati, e così Cesare venne ucciso da 23 coltellate. 

Vi sono nozioni storiche che conoscono un po’ tutti, questa è una di quelle, come la famosa frase che sembra aver detto Giulio Cesare prima di morire: “TU QUOQUE, BRUTE, FILI MI“ (anche tu, Bruto, figlio mio?”)

Eppure questa frase così famosa naviga ancora nell’incertezza, più studiosi non sono di comune accordo sulla sua “esistenza”. Lo scrittore latino Svetonio scrisse che Cesare prima di morire pronunciò un ultima frase, che sarebbe “Kai su teknòn (anche tu, figlio)” ma come si può notare non in latino ma in greco, poiché quella era la lingua dell‘élite romana.

Tuttavia anche questa frase viene messa in dubbio, dallo stesso Svetonio perdi più, poiché nei suoi scritti si legge anche che Cesare prima di morire non fece altro che emettere un ultimo verso di dolore per poi accasciarsi a terra.

Dopo tale episodio comincerà una vera e propria caccia all’uomo nei confronti dei cesaricidi, e l’ascesa di un’altra grandissima figura della storia antica: Ottaviano Augusto, pronipote adottivo di Giulio Cesare.