Posti di lavoro in diminuzione, gravi conseguenze per i disabili. Il rapporto presentato dal ministro del Lavoro, Franca Biondelli, ha evidenziato che sono circa 750mila i diversamente abili iscritti al collocamento.
Il sistema lavorativo dei disabili è disciplinato dalla legge 68 del 1999 che definisce chi può accedere all’inserimento nel “collocamento mirato”, sulla base del livello di invalidità. I requisiti imprescindibili sono: invalidità lavorativa più del 33%, invalidità civile superiore al 45%, oppure coloro che appartengono alle categorie dei sordomuti, ipovedenti o ciechi civili. Con questi presupposti si valuta la possibilità di svolgere una reale attività lavorativa.
I dati relativi al tasso di disoccupazione parlano chiaro: solo il 16% dei disabili svolge un’attività lavorativa con uno stipendio utile alle spese quotidiane. Il 25% è ancora in attesa di un lavoro, nonostante le classifiche dei concorsi pubblici prevedano un numero di posti destinati proprio a loro. Il dato più sconcertante è che i posti scarseggiano sia nel pubblico che nel privato. Il rapporto presentato dal ministro scaturisce dalla richiesta di un giovane disabile, Lorenzo Torto, già presentatosi il 20 marzo 2013 a Bruxelles, che ha esibito all’Unione Europea dati realmente certificati: l’84% dei diversamente abili non ha un impiego. Nonostante l’infrazione già imposta all’Italia l’anno scorso e nonostante i finanziamenti dell’amministrazione Letta per 10 milioni di euro nel 2013 e 20 milioni nel 2014 da destinare all’occupazione dei diversamente abili, la situazione appare invariata. Le indagini da parte dell’UE sono ancora in corso: l’Italia non rispetta la legge 93/2013 che include i disabili nel piano lavorativo nazionale.
La dichiarazione di Franca Biondelli: “La legge italiana è unanimemente riconosciuta tra le più avanzate nell’ambito della non discriminazione, ma è anche tra le maggiormente inapplicate”.