venerdì 19 Aprile, 2024
12.3 C
Napoli
spot_img

Articoli Recenti

spot_img

L’arpa: ripercorrendo la storia dalla nascita ad oggi

L’arpa è uno strumento musicale cordofono a pizzico. Lo strumento occupa una posizione unica nella storia della musica. È lo strumento più antico conosciuto, esistito in una forma o nell’altra, in ogni paese e in ogni epoca. Andiamo a ripercorrere la storia di questo antichissimo strumento.

L’arpa: la nascita e l’evoluzione dello strumento più antico conosciuto

La prima prova dell’arpa si trova nell’antico Egitto intorno al 2500 a.C. Avevano la forma di archi o angolari e avevano pochissime corde (poiché mancavano di una colonna non potevano sostenere molta tensione delle corde).

L’arpa a cornice, un’arpa che includeva una colonna anteriore diritta, apparve per la prima volta nell’Europa occidentale medievale tra l’VIII e il X secolo d.C. Sebbene ne siano rimasti pochissimi, l’arte di quel tempo indica che utilizzavano circa dieci o undici corde. La prima arpa aveva una cassa di risonanza vuota che amplificava il suono dello strumento risale all’Irlanda nel XIV secolo.

Le arpe nell’Europa continentale differivano dalle arpe irlandesi questo perché la colonna anteriore era più sottile e meno curva, il collo era più sottile e si curvava verso l’alto per incontrare l’estremità della colonna. Indicate come arpe rinascimentali, avevano tipicamente 24 o più corde di budello che erano fissate alla tavola armonica con i brays. Entro la fine del 17 ° secolo, avevano in genere corpi solidi e montanti dritti.

Le arpe a tre corde apparvero la prima volta in Italia tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo. Seguirono l’invenzione dell’arpa a due corde, che aveva due file di corde strategicamente accordate per l’uso a due mani; passando un dito tra due corde un arpista poteva raggiungere la corrispondente nota cromatica nell’altra fila.

L’arpa a tre corde aveva tre file di corde, le due file esterne erano sintonizzate sulla stessa scala diatonica mentre la fila interna era sintonizzata sui semitoni cromatici delle file esterne. Due vantaggi principali erano che i brani con note ripetute più rapidamente potevano essere suonati più facilmente e che le file raddoppiate, o amplificate, delle stesse note aumentavano la risonanza dello strumento.

L’arpa che è rimasta fino ai giorni nostri?

Tra i tipi di arpe idealizzate soltanto una ha un meccanismo utilizzato tutt’oggi, l’arpa a pedale a doppia azione (1810 d.C.).

L’unico inconveniente dell’arpa ad azione singola era che non tutte le tonalità potevano essere ottenute per suonare. Nel 1810 fu brevettata un’arpa a pedali a doppia azione in cui i sette pedali potevano essere premuti due volte e ogni corda passava attraverso due dischi dentati invece di uno solo. Quando un pedale veniva premuto nella prima tacca, il disco superiore girava parzialmente e teneva saldamente la corda in modo che affilasse un semitono mentre il disco inferiore girava parzialmente ma non toccava la corda. Per affilare un altro semitono, il pedale è stato premuto di nuovo in una tacca inferiore e il disco inferiore è stato ruotato ulteriormente per afferrare ancora di più la corda. Questo sistema è ancora utilizzato oggi.

In Italia avremo due arpisti particolarmente apprezzati: Clelia Gatti-Aldrovandi, nota insegnante e solista, e Alberto Salvi; quest’ultimo eseguì molti concerti da solista in un’epoca in cui più arpisti erano principalmente accompagnatori.