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La verità psicologica sulle bugie

Fin da bambini ci viene insegnato che le bugie non vanno dette. Uno dei capisaldi dell’educazione occidentale è sempre stato il rinnego della pratica della menzogna, viene insegnato ad essere sinceri, a dire la verità, perché la sincerità è uno dei fondamenti della sanità e dell’integrità morale di un bambino e dell’adulto che sarà.

Tuttavia qualcosa deve essere andato storto in quanto è sempre più diffusa la “bugia patologica”, ovvero la tendenza a celare la verità, a mentire e riportare i fatti in maniera distorta che sembra investire gli adulti di questo inizio terzo millennio, principalmente maschi, un fenomeno che investe soprattutto l’ambito relazionale. É in vertiginosa crescita il numero di rapporti che termina a causa del comportamento ambiguo e distorto da parte di uno dei due partner nei confronti della verità, un atteggiamento che non ha a che fare solo con l’ambito tradizionale del tradimento, dove solitamente uno dei due componenti dell coppia tiene nascosto al partner una relazione segreta, un flirt o una scappatella, ma che investe anche altri ambiti come ad esempio quello lavorativo, per cui capita che si tenga nascosto al compagno di vita un cambio di lavoro, un abbassamento della paga, addirittura un licenziamento. Si mente per i motivi più futili, ci si inventa una riunione di lavoro a tarda sera quando in realtà si va a bere una birra con gli amici e allora ci si inventa una scusa perché non si ha il coraggio di dire al partner che si preferisce trascorrere una serata in un pub piuttosto che in casa a guardare un film in poltrona con la propria compagna. Oppure si compra un’auto nuova perché si ha voglia di farsi un regalo ma i soldo sono pochi, il partner è parsimonioso e non sarebbe d’accordo, preferirebbe che spendessimo quei soldi in maniera più saggia e allora ci si inventa che la vecchia auto si è rotta, è da buttare e quindi è necessario (guarda caso) comprarne un’altra.

Ovviamente questo comportamento, soprattutto se reiterato nel tempo, è lesivo dell’integrità della coppia, la menzogna svelata fa perdere la fiducia nell’altro, si ha la sensazione di non condividere desideri, paure, interessi. Si sperimenta separazione, estraneità rispetto al rapporto, l’innamorato raggirato si rende conto di aver convissuto con un individuo dalle tante maschere, di non aver mai conosciuto davvero chi ha accanto perché non è più solo uno, ma tanti. Apre gli occhi e vede una realtà diversa da quella che si era immaginato, una realtà narrata, inventata, che non ha riscontri nella realtà e questa consapevolezza fa male, il rapporto muore, ci si lascia perché vengono meno i presupposti per costruire un rapporto solido e duraturo, basato su fiducia e rispetto.
Ovviamente una grossa fetta di responsabilità per l’acuirsi di questo fenomeno negli ultimi anni appartiene alla società tecnologica in cui viviamo e al contributo dato all’alienazione dei rapporti. Nell’era delle relazioni 2.0, in cui i sentimenti e le emozioni vengono filtrate dallo schermo di uno smartphone o di un computer, in cui rapporti sono sempre più virtuali, fingere è diventata la regola. Nascosto dietro le parole scritte di una comunicazione sempre più tecnologica, posso mostrare ciò che voglio. Può darsi che io non abbia stima di me, che sia insicuro e soffra di senso di inadeguatezza e allora tenderò a fingere di essere altro rispetto a ció che sono oppure a nascondere aspetti di me che non mi piacciono. Così sarò desiderabile e potrò mostrarmi all’altro, costruisco un’immagine sociale fittizia, che possa compiacere il prossimo, e tengo nascosta la mia immagine oscura, reale, la tengo segregata nel mio animo senza condividerla con nessuno. Solo io conosco il mio inconfessabile segreto, quello che mi farebbe subire il rifiuto e il giudizio da parte degli altri. Non mi apprezzo, non mi amo, così restituisco al prossimo l’immagine di me che vorrebbero vedere. E la tecnologia moderna ha reso più semplice questo meccanismo, lo ha rafforzato e ha fatto sì che esso venga trasposto anche nelle interrelazioni “analogiche”.
È quindi da quell’immagine oscura che bisogna ripartire per scardinare questo meccanismo di bugia patologica. Dietro l’automatismo che ci porta alla finzione c’è la paura dell’abbandono e della solitudine dovuta alla convinzione che come siamo non andiamo bene. Ed è solo recuperando l’amore per noi stessi che possiamo iniziare una controtendenza che ci permetta di affermare noi stessi con serenità e sincerità. Imparare a pensare che andiamo bene così come siamo, con i nostri desideri, i nostri pensieri e anche le nostre paure è lo strumento più efficace per il raggiungimento della verità.