La leishmaniosi è tra le patologie più temute dai proprietari di cani. Diffusa inizialmente per lo più nelle aree del bacino mediterraneo, a causa dei cambiamenti climatici e dell’incremento degli spostamenti umani ed animali si diagnostica ormai anche in zone un tempo non considerate a rischio.
L’agente patogeno responsabile dell’infezione è un protozoo, Leishmania infantum, veicolato da alcune specie di insetti pungitori simili alle zanzare, i flebotomi, la cui attività è particolarmente intensa al tramonto e nelle ore serali. A differenza delle zanzare la loro diffusione non è necessariamente correlata alla presenza d’acqua e pertanto colonizzano gli ambienti più disparati.
La puntura del flebotomo trasmette al cane il protozoo nella sua forma infettante. In seguito alla fagocitosi da parte delle cellule del sistema immunitario dell’animale, la forma infettante muta in quella replicativa. Il parassita, quindi, si moltiplica rapidamente all’interno della cellula fagocitante fino a distruggerla per poi diffondere nell’organismo.
La sintomatologia conseguente varia in base alla risposta immunitaria dell’individuo. Si va dalle forme del tutto asintomatiche a quelle caratterizzate da dimagramento, allungamento delle unghie, atrofia muscolare, aumento di volume dei linfonodi, febbre, ulcere cutanee, uveite e dermatiti spesso associate ad elevata produzione di forfora. Le forme cliniche più gravi, associate a significative lesioni organiche, hanno prognosi infausta.
La reazione immunitaria umorale, quella cioè che prevede la produzione di anticorpi, è la meno efficace nel combattere la replicazione del parassita; inoltre, i complessi antigene-anticorpo tendono a depositarsi a livello dei glomeruli renali conducendo a grave insufficienza dell’organo. La reazione cellulo-mediata, che al contrario non prevede la produzione di anticorpi, è invece maggiormente in grado di gestire l’infezione e spesso ne limita i danni. Sulla scorta di questi dati di recente sono stati sviluppati vaccini che indirizzano il sistema immunitario del cane a reagire all’infezione con la risposta cellulare, piuttosto che con quella umorale. E’ possibile, inoltre, somministrare in prossimità dei periodi di maggiore rischio specifici immunostimolanti, tra cui quelli a base di domperidone.
La terapia della leishmaniosi è lunga, mediamente costosa e non sempre risolutiva. Si basa sull’utilizzo ciclico di diversi farmaci in associazione da somministrare sotto frequente monitoraggio clinico ed analitico in quanto non scevri da possibili effetti collaterali.
La prevenzione è d’obbligo, soprattutto in considerazione del fatto che la patologia è potenzialmente trasmissibile all’uomo mediante la puntura del flebotomo infetto. Ciò costituisce un rischio in particolare per i soggetti immunocompromessi (anziani, bambini, persone sottoposte a chemioterapia). L’infezione, tuttavia, non può essere contratta tramite il contatto diretto col cane. È necessario che tutti i cani residenti nelle aree endemiche ogni anno vengano sottoposti a prelievo ematico per la titolazione anticorpale nei confronti della Leishmania. Tale misura, oltre a monitorare l’animale, ha il preciso obiettivo di tutelare la salute pubblica.
Si consiglia pertanto, di concerto con il medico veterinario, di valutare la migliore strategia preventiva per minimizzare i rischi di infezione e di malattia con l’utilizzo di uno o più repellenti ed optare, soprattutto nelle aree con forte presenza del patogeno, per la vaccinazione e per le specifiche terapie immunostimolanti. Queste soluzioni, ad ogni modo, non sostituiscono i repellenti, che riducono i rischi di contatto con gli insetti, bensì agiscono quali ulteriori misure protettive favorendo la risposta immunitaria cellulo-mediata in caso di puntura da parte dei flebotomi infetti. Nelle aree endemiche, quali ad esempio quelle di altitudine inferiore ai 900 metri delle regioni centro meridionali italiane, è consigliabile che nel periodo primaverile ed estivo (in cui i flebotomi sono più attivi), i cani non siano tenuti all’aperto dopo il tramonto.
In conclusione è bene chiarire che attualmente nessuna delle misure di prevenzione disponibili, vaccinazione inclusa, risulta in grado di garantire una totale protezione dal rischio di infezione e di malattia.