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La guida per parlare di disabilità, utilizziamo un linguaggio più inclusivo

La guida per parlare di disabilità in modo più inclusivo, senza cadere nel genere pietistico che il più delle volte disturba l’interlocutore.

È l’agenzia delle entrate che pubblica online la guida “ Disabilità, iniziamo dalle parole“, pensata per promuovere un linguaggio inclusivo alle migliaia di dipendenti che vi lavorano.

Le parole sono lo specchio dei nostri atteggiamenti e delle nostre convinzioni e per questo motivo è fondamentale utilizzare quelle giuste. Nessuno vorrebbe essere identificato sulla base della propria disabilità. La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità sollecita l’adozione di misure atte a combattere gli stereotipi relativi alla disabilità; è pertanto importante fare attenzione ed evitare di utilizzare stereotipi negativi o un linguaggio stigmatizzante”. 

È così che inizia la Guida dell’Agenzia delle Entrate, realizzata con il patrocinio del Ministro per le disabilità. La guida propone di aumentare la consapevolezza sull’importanza di utilizzare le parole idonee quando si parla di disabilità.

Oggi sapere come interloquire in determinate situazioni è un’ottima risorsa sociale, una parola o un modo di dire sbagliato possono farci fraintendere e inconsapevolmente offendere chi ci sta ascoltando. In una società dove l’inclusività sta occupando il posto che merita, le aziende devo rispondere promuovendo parametri di comportamento, utile nella vita e in questo caso nel lavoro.

I suggerimenti esposti nella guida sono diversi, ad esempio:

  • Mai identificare una persona con la sua disabilità: ciascuno di noi ha il diritto di essere considerato prima di tutto per ciò che è, ossia una persona che non dovrebbe mai essere identificata con la sua disabilità.
  • No al termine handicappato: la parola non indica disabilità bensì indica uno svantaggio, di varia natura, a cui la società non sa far fronte.
  • La disabilità non è una “patologia” ma una condizione che può benissimo migliorare, se solo mettessimo a disposizione della persona gli strumenti appropriati. È quindi sbagliato dire “affetto/a da disabilità”, “soffre di…”.
  • Rifuggiamo da un linguaggio pietistico: no alle affermazioni del tipo “costretto sulla carrozzina”, piuttosto diciamo “persona che usa la carrozzina”. La carrozzina è un mezzo per favorire la mobilità e aiuta a far crescere l’indipendenza. Aiuta, non limita. L’obiettivo di un linguaggio rispettoso è proprio “ricondurre a ordinarietà tutte le caratteristiche umane”.
  • Diversamente abile è una delle espressioni più contestate nel campo della disabilità, il giornalista Franco Bomprezzi diceva: “Se continuiamo a pensare che la disabilità sia qualcosa di ‘diverso’, addirittura una grande opportunità per sviluppare ‘diverse abilità’, facciamo un grave torto a quei milioni di persone nel mondo che ogni giorno si battono solo per vedere rispettati i propri diritti di cittadinanza alla pari degli altri…
  • normoabili non esistono! il concetto di normalità è difficile da definire, le persone con disabilità non sono “non normali”, e ciascuno di noi può sperimentare nella vita una condizione di disabilità.
  • Attenzione al termine invalido: Il termine invalido significa letteralmente non‐valido, e nessuno deve essere bollato così per sue caratteristiche fisiche, sensoriali o intellettive.
  • Un linguaggio schietto  è più apprezzabile : non bisogna avere paura di utilizzare parole più dirette come cieco o sordo. Si tratta di termini che cercano di edulcorare le cose ma non cambiano la realtà.
  • Non diciamo sordomuto: è a tutti gli effetti un termine scorretto e che può essere percepito come offensivo. La maggior parte delle persone sorde non ha difetti dell’apparato fono‐articolatorio, se non parla è perché non ha appreso il linguaggio vocale dal momento che non può sentirlo e non può quindi riprodurlo da se.
  • Le parole sono ponti oppure muri: facciamo attenzione alle parole, a quelle che si usano, ma anche a quelle che non si utilizzano. Le parole rivestono un ruolo importante nella realtà di tutti noi; possono essere ponti, utili a promuovere relazioni positive fondate sul reciproco rispetto ma possono anche essere muri insormontabili.

Con questa guida vogliamo contribuire alla costruzione di una realtà, non solo interna all’Agenzia, più positiva, equa e partecipata in cui ogni persona possa sentirsi accolta e riconoscersi. A partire proprio dalle parole, che sono la veste dei nostri pensieri”