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La Gioconda di Ponchielli debutta alla Scala: era l’8 aprile del 1876

8 Aprile 1876, alla Scala di Milano si tiene in scena la prima rappresentazione de La Gioconda, un’opera di Amilcare Ponchielli, sul libretto di Arrigo Boito.

Con la sua drammaturgia sontuosa, così ricca di danze, effetti e colpi di scena, La Gioconda è considerata l’opera che più rappresenta quel melodramma che l’Italia aveva improntato sul modello del grand operà francese.

Già a partire dalla composizione del libretto, l’opera era destinata ad avere un’impronta anti convenzionale, d’altronde lo stesso compositore fu più volte titubante sulla sua stesura. Il soggetto dell’opera era tratto dal dramma di Victor Hugo Angelo, il tiranno di Padova, pero riletto secondo i dettami della corrente della Scapigliatura.
Ponchielli più vote confidò le sue perplessità riguardante l’audacia drammaturgica di Boito:

Io mi sto occupando di questa Gioconda, ma t’assicuro che più di cento volte al giorno, sono tentato di desistere; le cause sono molte. La prima è che non ho fiducia nel libretto, troppo difficile, e forse non confacente alla mia maniera di scrivere.

Siccome poi io sono per natura incontentabile, qui lo sono doppiamente, atteso la frequente e troppa elevatezza dei concetti, del verso, e difficoltà di forme, non trovando quelle idee che io vorrei. È una cosa inconcepibile ma trovo in me più scorrevolezza quando il verso è comune.

Vi sono dei momenti che mi pare di non essere più capace di accozzare un’idea, e di non aver più Fantasia. È un fatto però che presentemente io dovevo attenermi ad altro libretto od altro poeta, che scrivesse non per suo conto ma per il Maestro“ 

Finalmente l’opera vide la luce il giorno 8 aprile del 1876, a chiusura di stagione della Scala. Ciò avvenne perché l’opera fu ultimata quando già le prove erano cominciate, più e più volte del resto il compositore aveva modificato vari aspetti della partitura.

L’opera ebbe un ottimo successo, i cantanti molto apprezzati dal compositore seppero mettere in atto tutto ciò che volle il compositore, tuttavia l’opera fu giudicata troppo lunga: l’ultimo atto fu eseguito all’una di notte, cosa questa che fece abbassare l’entusiasmo degli spettatori.

Nel mese di maggio, Ponchielli decise allora di adoperarsi per modificare le parti che meno l’avevano convinto durante le rappresentazioni, e ovviamente lavorò in modo da ridurne la durata complessiva.

Dopo un processo di formazione così travagliato, fino all’ultimo c’è da dire, Ponchielli alla fine riuscì a trovare la giusta misura per adattate il raffinato ma cerebrale libretto di Boito, alla propria vena musicale più autentica, calda e fluente, rimpiazzando, tagliando e aggiungendo interi episodi alla sua opera.