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La dote matrimoniale: “Il baule dei ricordi”

La dote, tutti avranno sentito parlare di questa antica usanza, oramai in disuso ma un tempo addirittura obbligatoria. Oggigiorno essa rappresenta un ricordo del passato, rivissuto grazie ai ricordi degli avi, delle nonne, o dei propri genitori.

Fino a pochi anni fa i matrimoni non erano esclusivamente un legame tra due persone, ma spesso rappresentavano un vero e proprio “contratto” tra parti.

La famiglia della sposa, infatti, doveva assicurare allo sposo, spesso scelto già in periodo adolescenziale, il cosiddetto “promesso sposo”, la dote.

Fino agli anni settanta, fino al 1975, la dote era obbligatoria per legge e quindi non solo un’usanza legata alle radici culturali.

Le famiglie delle giovani (molto frequentemente giovanissime) che convolavano a nozze, pensavano dunque alla biancheria da ricamare ed estremamente pregiata, che avrebbe dovuto accompagnare le spose nella quotidianità.

Tutti ricorderanno il famoso baule o semplicemente la cassa, presente nelle umili dimore delle famiglie italiane dei primi del Novecento.

Proprio all’interno di quelli che sembravano dei semplici complementi di arredo, erano consertavi I pezzi, di solito 12 o multipli di 12, rapportati per iscritto.

La dote: vincolo morale o semplice usanza arcaica?

È bene ricordare che la dote era proporzionata alle possibilità della famiglia della sposa e allo status sociale dello sposo a cui veniva concessa. Ma nonostante ciò, la tradizione prevedeva che ogni sposa avesse a disposizione “beni materiali” da avere con sè durante la vita matrimoniale. Le stoffe ed i tessuti erano rigorosamente cuciti e ricamati a mano, con dedizione ed attenzione e soprattutto con cura ai dettagli.

Dietro a questa antica tradizione, in realtà si nasconde un rituale ben preciso, definito un vero e proprio contratto che ha radici storiche consolidate nel tempo.

La dote infatti, ha un lungo e diffuso retaggio culturale le cui radici affondano nelle antiche culture greca e latina.

In epoca romana, le leggi prevedevano la “Tabulae nuptiales” a sancire un accordo prematrimoniale  che stabiliva quanto necessario dal punto di vista prettamente materiale ed economico, durante la vita matrimoniale.

Nel Sud d’Italia è stata fino a poco tempo fa una consuetudine della cultura popolare, ma oggi non esiste più.

Biancheria e beni materiali ad accompagnare le spose 

Per le famiglie, soprattutto per quelle meno abbienti, il peso della dote, spesso ha rappresentato un vero e proprio ostacolo da superare, fatto di stenti e rinunce. In alcuni casi, la nascita di una figlia era considerata dai padri un evento avverso. Lo stesso Dante Alighieri nella Divina Commedia scriveva al XV canto del Paradiso che «Non faceva, nascendo, ancor paura la figlia al padre, ché il tempo e la dote non fuggine quindi e quinci la misura».

Ciò accadeva quando la dote annoverava oltre al corredo anche materassi, coperte, lenzuola, utensili in rame, biancheria…insomma, tutto il necessario per la vita di una giovane coppia di sposi, in quel caso, diventava un problema economico per la famiglia della sposa.

Al di là di qualsiasi materialismo, la dote era considerata un vincolo morale al quale nessuna famiglia poteva rinunciare (essendo obbligatoria per un certo periodo di tempo).

Secondo quanto espresso da alcuni sociologi, oggigiorno essa si è “trasformata” in una equa divisione delle spese matrimoniali, senza vincolo alcuno.