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La chirurgia robotica al Moscati: intervista al Prof. Vittorio Imperatore

L’Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale e di Alta Specialità San Giuseppe Moscati, in accordo con la Regione Campania, si è dotata di un Robot Chirurgico multidisciplinare, modello da Vinci XI IS4000, dotato di una seconda consolle per la formazione del personale. Con questa recente iniziativa, la sanità campana fa un passo in avanti verso l’eccellenza.

Il Moscati è diventato un vero e proprio polo d’eccellenza ed è stato elogiato  dal governatore De Luca che, dinanzi a medici, infermieri e consiglieri regionali ha affermato: “Il Moscati è ormai uno dei migliori ospedali della Campania. È un riferimento ben oltre i confini provinciali”.

Parte la chirurgia robotica al Moscati di Avellino: intervista al Dottor e Professor Vittorio Imperatore

Il Dottore e Professore, nonché primario di urologia al Moscati di Avellino, Vittorio Imperatore, ha risposto ad alcune domande riguardo questa innovativa pratica che rivoluzionerà la gestione degli interventi complessi.

  • In cosa consiste la chirurgia robotica? Quali benefici comporta per il paziente e per la riuscita dell’intervento?

«La chirurgia robotica è una chirurgia mininvasiva che consente di effettuare tutti gli interventi che si fanno normalmente in chirurgia tradizionale a cielo aperto e in chirurgia laparoscopica con l’utilizzo di uno strumento che ha una capacità di articolazione – si muove – con sette gradi di libertà di movimento all’interno dell’addome del paziente.

Questo ci consente di essere più precisi nei movimenti per riuscire a fare interventi che garantiscano maggiore rispetto degli organi non malati. Oggi, con la nostra capacità di porre diagnosi in anticipo rispetto a tanti anni fa, con le campagne di screening e grazie alla sensibilizzazione della popolazione, riusciamo ad individuare le malattie – soprattutto le malattie oncologiche – in uno stadio più precoce e abbiamo, di conseguenza, la possibilità di effettuare interventi che siano meno demolitivi.

Asportiamo solo ciò che va asportato risparmiando tutto ciò che si può risparmiare. Questo fa in modo che il paziente possa guarire avendo meno effetti collaterali possibili dall’intervento. La chirurgia robotica è quello strumento che ci consente di avere il maggiore rispetto delle strutture che dobbiamo preservare».

  • Quali sono le patologie urologiche la cui cura sarà facilitata dalla chirurgia robotica?

«Uno degli interventi di chirurgia urologica che trarrà maggiori benefici dalla chirurgia robotica è il carcinoma della prostata con la prostatectomia radicale. Grazie all’ausilio della chirurgia robotica aumenta, infatti, la percentuale di pazienti continenti dopo l’intervento, cioè di pazienti che controlleranno la minzione. In questo modo il rischio di incontinenza, ossia di perdita involontaria delle urine, diminuirà in modo significativo.

Inoltre, la chirurgia robotica dà la possibilità di migliorare la preservazione dei nervi erigendi, i nervi che consentono di avere una spontanea erezione. Gli altri interventi che si fanno in robotica, in urologia, sono l’asportazione della vescica, sempre per il carcinoma vescicale, con la sua ricostruzione in sede, l’asportazione di lesioni renali senza asportare completamente il rene o l’asportazione completa del rene. Oltre agli interventi per patologie oncologiche, ci sono una serie di interventi di pieloplastica – per malattie del giunto pieloureterale – ed anche le calcolosi complesse o l’ipertrofia prostatica».

  •  Sono stati già effettuati interventi di chirurgia robotica al Moscati?

«È stato già effettuato un intervento al Moscati di prostatectomia radicale per carcinoma della prostata. Naturalmente ho già operato in robotica e quindi, con l’acquisto del robot, ho potuto riprendere la mia attività chirurgica robotica che già ho svolto al San Raffaele di Milano e in altre strutture in cui mi è stata messa a disposizione la strumentazione».

  • Com’è cambiata in questi anni la chirurgia robotica?

«La chirurgia robotica è cambiata tantissimo perché prima di tutto c’è stata un’evoluzione del robot che è passato da avere tre bracci robotizzati a quattro bracci robotizzati. Quindi, abbiamo un’ulteriore risorsa da poter utilizzare durante l’atto chirurgico.

Una delle implementazioni robotiche che si è avuta negli ultimi tempi è la possibilità di matchare – ndr sovrapporre – nel corso dell’atto operatorio l’immagine che vediamo con le immagini radiologiche, grazie alla realtà aumentata.

Quindi, nel corso dell’atto chirurgico si va a sovrapporre sull’organo che vediamo l’immagine radiologica della zona nella quale è stata individuata la malattia. Un tumore del rene, ad esempio, che a volte non ne altera il profilo, può non essere visibile durante l’atto chirurgico. Riuscire a sovrapporre l’immagine radiologica, che ci mostra dov’è collocato il tumore rispetto all’organo, ci dà la possibilità di andare precisamente ad intervenire nella zona che stiamo operando. Allo stesso modo, per il tumore della prostata, che potrebbe essere in contatto con il bundle neuro vascolare – quella struttura che ci consente di conservare l’erezione spontanea – è possibile effettuare un’asportazione limitata della zona di bundle che sta a contatto con la malattia preservando tutto il resto».

Che cosa si augura per il prossimo futuro della sanità campana?

«Mi auguro che avendo adesso molte risorse a disposizione, anche con il Pnrr, si possa dare ai professionisti la possibilità di lavorare nelle condizioni migliori. Far sì che non ci sia più migrazione sanitaria, che si possa essere autosufficienti rispetto alle strutture del Nord nel portare cura a tutti i pazienti della nostra regione. Anzi, meglio ancora, essere attrattivi per le regioni limitrofe».

Il periodo della pandemia ha fortemente messo alla prova la sanità a causa della disinformazione. C’è un messaggio che vuole lasciare ai lettori?

«Il Covid ha spaventato molto le persone rispetto alla malattia ed, in parte, le ha allontanate da ciò che è la prevenzione. I pazienti avevano paura di avvicinarsi agli ospedali, che ritenevano luoghi pericolosi e nei quali si potesse contrarre con più facilità l’infezione. Quindi, molti si sono allontanati da ciò che è fondamentale, cioè dalla prevenzione. Infatti, ci aspettiamo di diagnosticare, nei prossimi due anni, patologie in stadi più avanzati. Il messaggio che vorrei lasciare è di avere fiducia nella capacità del sistema sanitario di svolgere la sua attività anche in una condizione di emergenza come quella che è il Covid. Di essere tranquilli perché tutte le procedure di salvaguardia vengono messe in atto affinché il paziente possa avere una diagnosi e non una patologia».

La redazione del XXI Secolo ringrazia vivamente il Dottore e Professor Vittorio Imperatore.

Anna Borriello
Anna Borriello
Scrivo per confrontarmi col mondo senza ipocrisie e per riflettere sul rapporto irriducibile che ci lega ad esso.