Al termine di una delle vie più famose di Napoli, San Gregorio Armeno, in pieno centro storico, è situata la grande Chiesa di San Lorenzo Maggiore, parte di un grande complesso monumentale. Il Monastero è uno dei più antichi della città e sorge in quello che sin dai tempi più remoti si caratterizzava per essere il fulcro delle attività economiche e sociali della città partenopea. Al di sotto della Chiesa e del Chiostro sono stati rinvenuti persino i resti di un mercato risalente all’epoca romana, e dell’aerarium, l’edificio all’interno del quale veniva custodito il tesoro della città. La prima parte ad essere realizzata fu l’abside, su cui si affacciano nove cappelle disposte a raggiera (1270 circa – Ndr). É possibile osservare, nell’estetica della Chiesa, l’impronta francese, che all’epoca era parte dell’entourage angioino e che diede vita ad uno degli esempi più straordinari di architettura gotica transalpina di tutta l’Italia meridionale. É possibile notare, all’interno, la presenza di pilastri cruciformi, di archi a sesto acuto e volte a crociera costolonate. Durante i primi anni del Trecento, invece, fu innalzata la navata e il transetto secondo i canoni di quella che era chiamata la ‘chiesa povera’ francescana (appellativo dovuto alla semplicità delle realizzazioni – Ndr).
Purtroppo, a causa dei frequenti terremoti che ne hanno indebolito le strutture, sono numerose le opere di risanamento che hanno coinvolto la Chiesa e che non hanno permesso di conservarne i tratti immutati nel tempo. Nel Seicento, per esempio, la Chiesa fu interessata da una forte trasformazione in senso barocco e, nel 1743, l’architetto Ferdinando Sanfelice ricostruì la facciata che era stata danneggiata dal terremoto che colpì la città nel 1732. L’aspetto gotico originario che ha attualmente la Chiesa è il risultato di intensi lavori durati decenni. All’interno, a separare le prime due cappelle, la Chiesa ospita il monumento funebre di Ludovico Aldomorisco, ammiraglio e consigliere del re di Napoli Ladislao di Durazzo, che rappresenta i figli del defunto che sostengono la cassa sormontata da un baldacchino con angeli reggicortina. Altra cappella è quella che Giovan Camillo Cacace , noto avvocato napoletano, fece rinnovare in stile barocco dopo averla ricevuta in eredità dalla madre Vittoria De Caro. La cappella, insieme a quella dedicata a Sant’Antonio è l’unica traccia delle forme barocche che avevano preso il sopravvento sullo stile gotico, nel Seicento. Altro monumento è quello di Caterina D’Austria, prima opera realizzata a Napoli dal celebre scultore senese Tino di Camaino. Il sepolcro, originariamente destinato ad una collocazione a parete, fu poi posto tra le prime due colonne del coro, caso unico in Italia. Ma a fare da padroni sono, certamente, l’altare maggiore (rettangolare e leggermente concavo, eseguito intorno al 1530 da Giovanni da Nola, uno dei maggiori interpreti della scultura rinascimentale napoletana. L’altare presenta le statue di San Lorenzo, di Sant’Antonio e di san Francesco – Ndr) e il cappellone di Sant’Antonio, che fu realizzato tra il 1638 e il 1639 da Cosimo Fanzago. Il cappellone fu edificato in risposta alla crescente devozione da parte del popolo nei confronti del santo che fu nominato compatrono della città di Napoli nel 1628.
Attualmente la Chiesa è aperta al pubblico e visitabile.