La cruenta pratica dello sfregio con l’acido è un fenomeno fortemente radicato in Paesi quali l’India, il Pakistan, il Bangladesh e l’Afghanistan. Realtà apparentemente lontane da quella italiana. Eppure, anche nell’occidentale e civilissimo Bel Paese le aggressioni con l’acido stanno diventano episodi all’ordine del giorno.
Lorenzo Puglisi, presidente dell’associazione SOS Stalking, ha recentemente divulgato dati sconcertanti. «I casi di aggressioni con l’acido sono aumentati del 65% tra il 2013 e il 2014. Nel 60% dei bersagli sono donne, e nel 95% dei casi si tratta di persone con cui l’aggressore ha avuto una relazione.»
Queste agghiaccianti cifre si inseriscono in un’escalation di violenza incontrollabile: confrontando i dati dei primi 20 giorni del 2015 con quelli dei primi 20 giorni del 2014 risulta che i casi di femminicidio sono aumentati del 25%.
Lucia Annibali, avvocatessa di Pesaro sfigurata con l’acido dall’ex fidanzato, è diventata simbolo della lotta a questo tipo di violenza, che in Italia ha conosciuto un vero e proprio boom. A Milano, una donna incinta di 3 mesi è stata sfregiata mentre parcheggiava nei pressi dell’ospedale dove si era recata per una visita di controllo. A Genova, un’impiegata è stata assalita mentre si recava a lavoro. A Vicenza, una ragazza è stata aggredita sull’uscio di casa da due uomini che avevano bussato alla sua porta. Nella Capitale, una donna è stata sfigurata con l’acido da suo marito: inutile il disperato tentativo di aiuto da parte della figlia tredicenne dei due, che riporterà anche lei delle ustioni.
Le donne non sono le uniche vittime di queste atroci violenze: nel nostro Paese moltissimi uomini sono stati aggrediti e sfregiati con l’acido. L’episodio più celebre è quello del ventiduenne aggredito dalla ex fidanzata, la studentessa bocconiana Martina Levato. Purtroppo non è il solo. A Travagliato, provincia di Brescia, una ragazza aiutata da un complice ha immobilizzato, picchiato e poi sfigurato con l’acido l’ex fidanzato 26enne che si rifiuta di riconoscere il figlio che la giovane aspettava. A Roma, un infermiere è stato sfregiato dalla ex fidanzata mentre saliva su un treno diretto a Lido. Ad Acireale, Catania, un uomo è stato investito e cosparso di acido sul volto dalla ex compagna. A Torino, un altro uomo è stato sfigurato dalla compagna mentre dormiva.
Per arginare l’ascesa del fenomeno si era inizialmente pensato ad una regolamentazione della vendita degli acidi, troppo facilmente reperibili, ma l’idea è stata presto accantonata: una disciplina troppo rigida porterebbe alla creazione di un mercato nero impossibile da controllare. L’unica via da seguire sembra quindi quella dell’inasprimento delle pene per questa tipologia di reato: chi commette un’aggressione con l’acido oggi, è condannato per lesioni gravissime e rischia la reclusione per un periodo che va dai sei ai dodici anni.
Una pena misera, soprattutto se paragonata ai provvedimenti adottati per il medesimo crimine in Stati considerati “arretrati” in fatto di giustizia: in Bangladesh, gli anni di condanna previsti dall’ordinamento italiano sono considerati il castigo minimo e in Colombia gli aggressori incorrono in una pena detentiva dai 2 ai 14 anni.