«La storia di Najaa in “Ti amo anima mia” è la mia storia, quella di una ragazza che, purtroppo come tante, ha subito violenza, sia psicologica che fisica, a causa di un amore ‘sbagliato’. È anche la storia di una rinascita, perché uscire da certi meccanismi e situazioni violente si può e non si deve mai pensare il contrario.
Con le pagine del mio libro racconto quello che è successo e come ne sono uscita. Quello che ho provato nei vari stadi della storia e oltre. Vorrei lanciare un messaggio di consapevolezza e di speranza a tutti, che siano uomini o donne, vittime oppure no».
“Ti Amo Anima Mia” è una storia d’amore, un amore che si trasforma però ben presto e drammaticamente in violenza, in sofferenza, in dolore. Un romanzo, quello scritto da Najaa, pseudonimo utilizzato dall’autrice, che fa riflettere, lascia con il fiato sospeso, che racconta di un tema purtroppo ancora troppo dibattuto, troppo acceso, ancora e purtroppo presente, quello della violenza sulle donne.
Il tema “violenza sulle donne” è purtroppo ancora drammaticamente all’ordine del giorno, nonostante le numerose iniziative che cercano di contrastare questo fenomeno, se così possiamo definirlo. Cosa ti ha spinto ad analizzare, nel tuo lavoro, questo argomento così scottante ma comunque così ampiamente trattato oggi?
«La mia è una storia autobiografica e aver deciso di raccontarla è stato principalmente per un bisogno personale di voler buttar fuori il dolore, guardando in faccia la realtà, ad ogni riga che buttavo giù, sulla carta. È stato un modo per esorcizzare le paure, decisamente terapeutico. È stato difficile perché mi ha fatta piangere ma quando sono arrivata alla fine, quel senso di oppressione che avevo addosso, sembrava alleggerito. Ora spero che la mia storia possa aiutare molte altre persone a guardarsi dentro e ad uscire dal proprio disagio».
Nel tuo libro racconti della relazione, malata e brutale, tra Najaa e Sajmir. Da dove nasce, secondo te, la violenza, quel sentimento di rabbia e rancore che spinge una persona a fare del male ad un’altra?
«Non è semplice capire e spiegare i meccanismi di violenza e i comportamenti ossessivi di certe persone.
Mentre ci sei ‘dentro’ non li comprendi perché hai un distacco dalla realtà, essendo emotivamente coinvolta. Quando ne esci, cerchi di capire. A volte dipende dal passato che si è vissuto, dalla famiglia, dalle insicurezze personali. Non bisogna comunque in nessun modo giustificare la violenza. Se si è sofferto non si può comunque farla pagare a chi è disponibile con noi e tantomeno a chi ci ama».
Najaa, protagonista di “Ti amo anima mia”, si racconta dopo aver subito le più atroci violenze. Cosa spinge alcune donne, purtroppo non ancora tutte, a liberarsi dalle catene del dolore e finalmente sentirsi libere di abbandonare una relazione malsana? Cosa porta altre invece a lasciarsi schiacciare dalla sottomissione?
«Ci sono persone, come me, che ad un certo punto aprono gli occhi e decidono di riprendersi ad ogni costo la propria vita e dignità. Diventano consapevoli e lottano per reagire. Si tratta di carattere, di forza, credo. Molte altre, magari non ne hanno abbastanza, o spesso pensano di non averne e si lasciano sottomettere per anni. Credono che sia ‘normale’ così, magari per come sono cresciute. Oppure si sentono in colpa o sbagliate e allora si lasciano punire.
Anche qui credo che i meccanismi siano molteplici e spesso legati al proprio vissuto personale. Giudicare e generalizzare non si può. Ogni storia è a sé e andrebbe analizzata con delicatezza».
Cosa diresti alle donne che non riescono a liberarsi dai propri “amori nocivi” ?
«Vorrei dire a tutte che uscire da certi ‘amori malsani’ si può. Si può tornare a guardare il sole e a sorridere e comunque ci si deve almeno provare. Di vita ne abbiamo una e meritiamo di viverla nel miglior modo possibile.
Auguro a tutte di poter rinascere, aprire gli occhi e dire basta alla violenza, che sia fisica o solamente psicologica. Basta alle umiliazioni, alle ossessioni, alle dipendenze, perché non c’è nulla di più bello e appagante che amarsi e dedicarsi a se stesse prima di ogni altra cosa».