venerdì 19 Aprile, 2024
16 C
Napoli
spot_img

Articoli Recenti

spot_img

Il ruolo delle fiabe nella maturazione psichica del bambino

Nel corso del tempo, le fiabe si sono rivelate degli importanti strumenti per la maturazione psichica del bambino. Infatti, la letteratura per l’infanzia riesce a fornire, con un linguaggio accessibile e chiaro, una serie di significati molto profondi.

Tra i principali stimoli per la vita intellettuale del bambino, troviamo: fiabe, racconti, miti e storie che hanno un contenuto religioso.

La fiaba, in particolar modo, presenterebbe delle caratteristiche ideali a conformarsi alla mente infantile, durante lo sviluppo cognitivo.

La fiaba: un elemento presente in svariate cultura

L’uso delle fiabe, finalizzato al benessere psichico, ha origini antiche. Nella medicina tradizionale indù, era una consuetudine presentare una favola ad una persona in condizioni di fragilità psichica. Tale metodo veniva somministrato per aiutarla a superare la crisi.

La fiaba, infatti, consente l’espressione di conflitti inconsci, ai quali viene data una forma simbolica. Questo tipo di comunicazione, ricorda quella che avviene nel sogno; anche se in quest’ultimo è assente l’aspetto logico e coerente.

Il bambino utilizza le sue fantasie per preservare il senso di sicurezza di cui necessita, dato che non è ancora capace di provvedere in maniera autonoma a se’ stesso.

Questa sicurezza è indispensabile affinché il bambino maturi quel senso di fiducia nella vita di cui ha bisogno per poter credere nelle proprie potenzialità.

Il ruolo delle fiabe nello sviluppo del bambino

Durante il suo sviluppo, il bambino vive vari conflitti. Ma, in particolare prima dell’età scolare, presenta un Io ancora in formazione che ha difficoltà a gestire le emozioni che lo pervadono.

La difesa che il bambino attua è quella dell’esteriorizzazione dei propri contenuti inconsci. Ciò può accadere, ad esempio, nel corso di un gioco, nel quale l’affettività del bambino emerge e viene messa in scena.

Per un bambino l’azione prende il posto della comprensione, in particolar modo quando vive emozioni molto forti.

Il bambino non è ancora in grado di dare un ordine ai propri processi interiori e di attribuirvi un significato; è l’adulto che è chiamato a sostenerlo in questo compito, anche grazie all’uso della fiaba.

Inoltre, le fiabe mostrano ai bambini che una vita positiva e soddisfacente è possibile per tutti, nonostante gli ostacoli che si possono incontrare lungo il percorso, ma solo a grazie ad una buona dose di impegno, volontà e ricerca della propria identità.

Un altro elemento molto importante, è che siano figure semplici, comuni, ad essere protagoniste della fiaba. Per questo motivo vengono usati di rado nomi propri, al massimo soprannomi (ad es. “una principessa”, “la regina”, “una ragazza” etc.) e, se ciò si verifica, si parla di nomi comuni che potrebbero appartenere a qualsiasi persona.

Tale aspetto rimarca il fatto che non si parla di imprese trascendentali, bensì di difficoltà quotidiane, finalizzate a sviluppare una maggiore maturità.

Le fiabe, orientano il bambino nella scoperta della propria identità e degli interessi.

La strutturazione della psiche infantile

Ci sono poi due aspetti della psiche infantile che rendono la fiaba così interessante, in questa delicata fase di formazione dell’individuo: la fantasia e il pensiero animistico.

La fantasia serve pone rimedio alle lacune delle conoscenze del bambino, dovute all’inesperienza e all’ assenza di informazioni, e all’immaturità del suo pensiero.

La fiaba elicita la l’immaginazione del bambino. L’adulto, leggendo una fiaba al bambino, veicola l’idea che lasciarsi trasportare dalla fantasia non è un problema, e allo stesso tempo insegna che è indispensabile ritornare alla realtà.

Il pensiero animistico caratterizza l’infanzia, come affermato da Piaget. Sia per gli adulti che per i bambini, vige il principio secondo il quale un racconto è convincente se non contraddice i principi alla base dei nostri processi di pensiero. Ad esempio il bambino, che è egocentrico, si aspetta che gli animali parlino con lui di ciò che lo riguarda, e attende delle risposte dagli oggetti che lo incuriosiscono maggiormente mentre scopre la realtà circostante.

Lo studio di Buhler sulle fiabe dei fratelli Grimm

Lo studio di Ch. Buhler, prende in esame le fiabe dei Grimm per studiare l’attività fantastica del bambino. La studiosa, parte dall’assunto che se le fiabe e racconti sono giunti sino noi, devono presentare delle caratteristiche che le rendono adatte al pensiero del bambino.

Alcune caratteristiche rilevate dalla studiosa, sono: una cerchia ristretta di personaggi, ciascuno rappresentante una tipologia di persona con qualità di grado molto intenso, ad es. Il netto contrasto tra bene e male ma non solo.

Il pensiero infantile non contempla le sfumature e l’esistenza di verità relative, e si basa sull’ esperienza soggettiva.

In definitiva, possiamo affermare che le fiabe sono uno elemento indispensabile per lo sviluppo del bambino che, attraverso questo strumento, conosce e sviluppa la sua interiorità.