Il ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza, cominciava il 14 agosto 2005. Tra proteste, arresti e tumulti.
Il governo di Israele guidato dal politico e capo militare Ariel Sharon, dispose il piano di evacuazione del popolo israeliano dalla Striscia di Gaza con il collaterale smantellamento delle colonie istituite in quel territorio. Tale piano comprendeva una retribuzione economica per i cittadini israeliani che avrebbero deciso di lasciare il territorio gazawo e aveva come obiettivo garantire la sicurezza di Israele data l’assenza di patti di pace che ponessero fine all’annoso conflitto israelo-palestinese.
Ne conseguì che molti coloni per protesta si barricarono in casa, per impedire ai soldati israeliani di essere espulsi, in un piano che nell’idea di Sharon avrebbe dovuto segnare l’epilogo a quasi 40 anni di occupazione e riprendere un dialogo con la leadership palestinese.
Poco valse il discorso del capo del Governo Israeliano, ci furono infatti incidenti gravissimi nella colonia di Nevé Dekalim, dove i militari per sedare le sommosse entrarono da ingressi laterali nel territorio che era stato barricato per evitare che l’esercito vi entrasse.
Le proteste contro il ritiro, furono mosse soprattutto da gruppi di estrema destra, che guidarono le sommosse soprattutto contro il deputato Dany Yatom, ex generale del Mossad, e forando pneumatici di un bus che trasportava giornalisti stranieri.
L’operazione di evacuazione durarono quasi un mese, tra resistenze tra civili e soldati. Molte sinagoghe e case dei coloni furono distrutte. Solo agli inizi di settembre i territori ‘ disimpegnati’ vennero affidati alle autorità palestinesi, fu certamente una pagina di storia memorabile, dato che per la prima volta Israele scelse di ritirarsi dai territorio palestinesi, ma rispetto ai fatti, la responsabilità giuridica di Israele come una potenza occupante a Gaza non terminò.