“Chi non conosce le lingue straniere non conosce nulla della propria”. Queste parole del famoso scrittore tedesco Goethe sembrano ben descrivere la particolarità della nostra lingua italiana. Infatti, è noto a tutti come l’italiano sia derivato dal latino volgare e, sebbene possa sembrare eccessivo affermare di non conoscere proprio nulla della propria lingua, è anche vero che gran parte delle nostre parole derivino dal contatto con altre lingue e culture che hanno arricchito il nostro patrimonio e il nostro lessico.
Lo stesso discorso vale ovviamente anche per i dialetti, che storicamente hanno la stessa dignità della lingua. Fra tutti i dialetti, quello che sembra maggiormente essere stato arricchito dall’influsso di parlate straniere è il napoletano. Il patrimonio lessicale partenopeo è, infatti, ricco di parole e modi di dire di cui però si è persa l’origine etimologica. Sembra, infatti, che la maggior parte delle parole napoletane rimandino a un significato ben preciso, strettamente legato sia a una determinata condizione storica, che ha visto la città partenopea essere dominata da diverse culture: quella francese, spagnola, austriaca, sia a un’influenza latina e greca.
Ad esempio tutti conoscono il significato della parola “scugnizzo”, il monello, il ragazzo di strada. Pochi sanno effettivamente perché si chiami così e da dove venga questo nome. Ebbene il termine deriva dal gioco usuale degli scugnizzi: lo strummolo, il cui scopo principale era quello di scugnare, dal latino ex-cuneare che significa rompere con forza, lo stummolo dell’avversario.
Un esempio dell’influenza di lingue più moderne può essere dimostrato dalla parola zandraglia, utilizzato per designare in modo offensivo una donna volgare, rumorosa, sgradevole. L’etimologia di questa parola affonda le proprie radici nel tempo in cui al Maschio Angioino c’era il re. Infatti, questa usanza era comune per i nobili gettare dalle finestre del castello gli avanzi dei pranzi reali. Questi avanzi erano per l’appunto “les entrailles”, le interiora degli animali, e il popolo affamato accorreva a fare zandraglia.
Possiamo quindi dire che il dialetto napoletano è in qualche modo il testimone della storia stessa di Napoli, conservando nel proprio lessico termini che “tradiscono” usanze e definizioni tipiche di epoche e culture diverse dalla nostra.