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Il mito del Tasso nella world literature europea

Torquato Tasso, il poeta della Gerusalemme Liberata, ebbe l’immortalità della lode poetica attraverso i tempi già a pochi anni dalla sua scomparsa.

Il suo valore come grande maestro del petrarchismo all’interno del panorama letterario del rinascimento segnato dalla stagione della controriforma, epilogo della “ruina d’italia” , oltre all’influsso sulla stagione successiva con il barocco italiano delle tendenze liriche dei poeti segretari delle poche e piccole corti restanti nell’Italia spagnola dopo la pace di Chateau-Chambresis con caposcuola il partenopeo Giambattista Marino e l’influsso del madrigale sul nascente melodramma con Monteverdi, fu segnato nel tempo da un mito correlato alla sua personalità, dal suo animo e dalla disposizione psicologica.

La follia del Tasso fu tematizzata durante il Settecento in Germania, quando le tendenze antitetiche alla stagione dei lumi iniziarono ad interrogarsi sulla natura del genio.

Tra coloro che tematizzarono fino alla diffusione del mito della follia di Tasso vi fu il poeta e filosofo tedesco J. W. Goethe, il quale dopo un soggiorno presso Firenze a seguito della conoscenza di alcune vicende private, come l’amore impossibile per Eleonora d’Este e delle trame della corte di Alfonso II d’Este, furono funzionali al dramma Torquato Tasso. 

Antesignano del Goethe alla nascita del mito del Tasso folle vi fu anche il racconto descrittivo del filosofo francese Michel de Montaigne, che visitandolo presso la prigione di Sant’Anna dov’era recluso, lo delinea come persona malinconica e introversa, rasente alla pazzia, che impatterà sulla weltschaguun dell’immaginario degli artisti e degli autori in lingua francese tra avvento della seconda scuola del romanticismo parnassiano e avvento del simbolismo, in primis il pittore Eugene Delacroix e il poeta de I Fiori del male, Charles Baudelaire.

Il rapporto speculare tra Delacroix e Baudealiare da la possibilità di far si che il quadro “Il Tasso in prigione”, omonimo titolo della composizione di Baudelaire, divenga manifesto immaginifico per la visione del dandysmo e la concezione dissidente delll’art pour l’art, dando nuova linfa al mito del Tasso.

Solo verso la fine dell’Ottocento e gli studi di Franco Fortini daranno la possibilità della demolizione di un mito. 

Il Tasso passerà dall’essere l’espressione estetica della decadenza di un’epoca dopo i fasti del del Rinascimento, di cui massimo esempio sarebbe la descrizione della Corte ne L’Aminta secondo la riflessione formulata da Francesco de Sanctis, a divenire con l’interpretazione di Fortini cantore della dissidenza della politica di corte.

Domenico Papaccio
Domenico Papaccio
Laureato in lettere moderne presso l'Università degli studi di Napoli Federico II, parlante spagnolo e cultore di storia e arte. "Il giornalismo è il nostro oggi."