Il 2 agosto del 1921 moriva Enrico Caruso, uno dei più grandi cantanti lirici nel panorama mondiale.
Enrico Caruso nacque a Napoli il 25 febbraio del 1873, la sua era una realtà molto umile, il padre era un operaio metalmeccanico e la madre una donna delle pulizie. Sin dalla giovane età si potè notare un’inclinazione per le arti: il piccolo Caruso cominciò con l’avere la passione per il disegno, infatti successivamente elaborerà progetti di fontane per l’officina dove lavorava con il padre.
Ma la sua indole artistica si manifestò ancora di più nel canto, Enrico Caruso era particolarmente portato per il Bel canto, per l’arte dell’opera lirica.
La sua fortuna iniziò quando il baritono Eduardo Missiano, sentendolo cantare ad un funerale una messa del compositore Saverio Mercadante, si entusiasmò a tal punto che lo presentò al maestro Guglielmo Vergine che accettò di fargli da insegnante per poter così migliorare tecnicamente aspetti della sua voce.
I suoi primi lavori non furono un successo: poca affluenza di pubblico nei piccoli teatri e Caruso non era ancora un nome conosciuto e i suoi compensi erano molto molto bassi.
Grazie al passaparola successivamente iniziò ad esibirsi nei teatri di Caserta, Napoli e Salerno, e fece la sua prima esibizione all’estero, al Cairo. Nel 1897, a Salerno, Caruso conobbe il direttore d’orchestra Vincenzo Lombardi che gli propose di accompagnarlo nella stagione estiva a Livorno: qui la carriera di Caruso comincia a crescere sul serio.
Da questo momento in poi Enrico Caruso sarà una supernova nel panorama lirico: Nel 1897 esordì al Teatro Lirico di Milano nel ruolo di Federico ne L’Arlesiana di Francesco Cilea; è Loris in Fedora di Umberto Giordano; seguirono poi tournée in Russia, a Lisbona, Roma, MonteCarlo, a Londra e a Buenos Aires.
Il 16 maggio 1897, in occasione dell’inaugurazione del Teatro Massimo di Palermo si esibì nell’opera di Giuseppe Verdi “ Falstaff” , e interpretò tantissimi altri ruoli.
In questa occasione Enrico Caruso non darà il meglio di se, complice l’ansia di dover esibirsi dinnanzi ai suoi concittadini, e fortemente deluso poi dai fischi che riceverà da napoletani; a causa di questo episodio giurerà di non cantare mai più a Napoli.
In realtà però il quotidiano che seguiva la vita teatrale napoletana, “Il Pungolo” , riporta dell’emozione che irretì il tenore nel primo atto, rotta dagli applausi sempre crescenti fino alla richiesta del bis. Sarà stata semmai la severa critica di Saverio Procida sempre su Il Pungolo a infastidire fortemente Caruso, cui il critico rimproverò la scelta di un repertorio al di sotto delle sue possibilità vocali e interpretative.
Caruso non cantò più né a Napoli né in nessun altro teatro in Italia andando quindi incontro al suo successo negli Stati Uniti e in Sudamerica.
La fama di Caruso di deve anche alla facoltà di aver utilizzato per primo la nuova tecnologia discografica, fino ad allora snobbata dagli altri cantanti, ma più accessibile ad un pubblico più vasto: fu il primo artista nella storia a vendere più di un milione di dischi con l’aria “Vesti la giubba”.
La carriera di Caruso arriverà al culmine cantando nel famoso teatro dell’opera di New York, il Metropolitan opera house.
Nel teatro newyorkese interpreterà tantissimi ruoli, riscuotendo un successo enorme e incassando somme esorbitanti per l’epoca.
Il giorno di Natale, dopo una serie di episodi in cui il tenore aveva dovuto annullare più di una rappresentazione teatrale, quando il dolore si era fatto insostenibile, gli fu diagnosticata una pleurite infetta.