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Ictus: ricerca olandese svela i parametri da tenere sotto controllo

La parola ictus deriva dal latino e significa letteralmente colpo. Questo è anche conosciuto come come apoplessia, ischemia cerebrale, colpo apoplettico, accidente o attacco cerebrale. L’ictus si verifica a causa di un occlusione di un arteria cerebrale o nei casi più rari della rottura della stessa.

Vi sono però due tipologie di ictus: quello ischemico, detto ischemia cerebrale, dovuto alla mancanza di flusso di sangue e quello emorragico, causato appunto da un emorragia cerebrale.  Le conseguenze dell’uno o dell’altro o di entrambi che potrebbe andare a susseguirsi vanno dallo sviluppo di disabilità più o meno gravi al decesso.

La ricerca

Un gruppo di ricercatori dell’università di Rotterdam, in Olanda, ha analizzato fin nei minimi particolati i dati di quasi 39mila persone, seguite per 15 anni, con l’obiettivo di individuare nel sangue marcatori del pericolo o elementi protettivi, così da ottenere un profilo di rischio sempre più preciso.

Stando ai risultati, pubblicati su Neurology, sono 10 i composti-spia più pericolosi. Tra questi spuntano il colesterolo “cattivo” Ldl e i trigliceridi, che si confermano fra gli elementi di maggiormente dannosi insieme al piruvato, una sostanza che deriva dal metabolismo del glucosio e che aumenta la probabilità di ictus del 13%.

Cause principali di ictus

Il vicepresidente della Società Italiana di Neurologia e membro del Consiglio Direttivo dell’Associazione Lotta all’Ictus Cerebrale (ALICe Italia) Massimo Del Sette spiega che – “Esistono tre cause principali di ictus ischemico, quello più frequente in cui un vaso cerebrale resta occluso. L’ostruzione al passaggio del sangue può verificarsi per una cardioembolia (il blocco deriva cioè da coaguli che si formano nel cuore e poi viaggiano verso il cervello, ndr), e in questo caso la colpa è quasi sempre di una delle forme più diffuse di alterazioni del ritmo cardiaco, la fibrillazione atriale; l’ostruzione altrimenti può essere dovuta alla trombosi di un vaso con aterosclerosi, come accade per esempio quando nelle carotidi che portano il sangue al cervello ci sono placche da cui possono staccarsi trombi; infine l’ictus può dipendere da malattie dei piccoli vasi cerebrali, per esempio perché si soffre di ipertensione o diabete che danneggiano le arterie e portano a spesso a mini-ictus di cui non ci si rende conto finché non coinvolgono aree ampie del cervello. A monte di gran parte di queste cause note di ictus ci sono fattori di rischio modificabili fra cui appunto il colesterolo alto, ma anche il fumo, la sedentarietà, la dieta scorretta.

Infatti, uno stile di vita poco sano aumenta il rischio di fattori come pressione alta, diabete, ipercolesterolemia e da qui all’ictus il passo è veramente breve.

– “I diversi fattori di rischio non si sommano, ma moltiplicano il pericolo in modo esponenziale. Se per esempio in una persona soltanto ipertesa può non essere indispensabile ricorrere ad analisi strumentali per valutare lo stato delle carotidi, in un fumatore con la pressione e la glicemia alta diventa raccomandabile. Nella valutazione del rischio complessivo, poi, devono rientrare anche i fattori di rischio non modificabili come età, genere e familiarità per la malattia: non si possono cambiare, ma contribuiscono a dare un quadro più preciso del grado di pericolo ” – spiega ancora Del Sette.

In Italia questa rappresenta una minaccia concreta per tanti; infatti ogni anno si registrano 150mila nuove vittime, stando agli ultimi dati della Società italiana di neurologia, e purtroppo un terzo non sopravvive entro un anno dall’evento, un altro terzo deve fare i conti con disabilità significative. Le conseguenze negative possono essere limitate con la prevenzione, ma anche con la tempestività sia nel chiamare i soccorsi all’esordio dei sintomi sia nell’inizio delle cure prima che le conseguenze di aggravino ulteriormente.