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I Diritti umani ai tempi del Covid-19

Nel 2020 la pandemia da Covid-19 si è introdotta in società afflitte da disuguaglianza e discriminazione, ampliando solchi e divisioni già esistenti, con drammatiche conseguenze sui diritti umani; avvalendosi di una politica in tema di sanità pubblica, incommensurabilmente inadeguata.

La reazione di molti governi non si è rivelata idonea a fronteggiare la sfida designata dall’emergenza globale, e molti fra loro ne hanno accuratamente approfittato per introdurre nuove leggi repressive.

Oltre a quelle procurate della pandemia, le violazioni dei diritti umani hanno colpito popolazioni civili nei conflitti, minoranze etniche, donne, dissidenti: rispettando la tabella di marcia come in qualsiasi altro momento storico finora, rivelando ed inasprendo paradigmi sociali già contraddistinti da abusi, discriminazioni e disuguaglianze.

Alcuni di questi affondavano le loro radici nella discriminazione basata su razza, genere e altri intersezionali – nell’accezione sociologica di  Kimberlé Crenshaw – che hanno reso determinate fasce della popolazione particolarmente vulnerabili.

Quelle stesse sopraffazioni sono state rimarcate e contestate con tenacia da movimenti messi in piedi da gente comune, come nel caso del Black Lives Matter, o le campagne per i diritti delle donne, la cui resistenza ha condotto ad alcune vittorie, seppur guadagnate col sudore.

La pandemia da Sars-Cov-2 ha reso palese l’impatto sui diritti umani di anni di crisi politiche e finanziarie, oltre che lo scarso vigore dei sistemi di governance e cooperazione globale, che alcuni Paesi hanno evidenziato ancor più esentandosi dall’adempimento delle proprie responsabilità, o bersagliando gli organismi finanziari multilaterali.

Nel frattempo, sia nei conflitti durevoli che in quelli più recenti, le organizzazioni governative ed i gruppi armati hanno eseguito attacchi indiscriminati e deliberati contro i civili, ammazzando migliaia di persone e causando protratto sfollamento di massa e crisi umanitarie.

L’impunità è diventata la norma e, in alcune zone, si è verificata un’erosione dello stato di diritto.
Milioni di persone soffrono per le conseguenze dei disastri naturali causati dalle crisi climatiche.

Il quadro generale è quello di un mondo alla deriva.
Tuttavia, i leader mondiali hanno l’opportunità di agire in senso contrario ed opposto rispetto all’attuale senso direzionale: ponendo i diritti umani alla base delle misure per la ripresa e la cooperazione internazionale.

Violenza di genere 

Sudan, Kuwait e Corea del Sud hanno immesso nell’uso strumenti legislativi atti a  contrastare la violenza contro le donne.
Altri Paesi, come la Danimarca, la Croazia, la Spagna ed i Paesi Bassi hanno adottato misure per incrementare le leggi sullo stupro, basandole sul concetto di consenso.
In molti Paesi africani sono stati effettuati accrescimenti legislativi inediti, che mirano a porre fine all’impunità per stupro e altre forme di violenza sessuale, sia in tempo di pace che in tempi di guerra.
L’Unione Europea pare essere pronta alla stesura di un nuovo trattato regionale per combattere la violenza contro le donne.
Cionondimeno,  la realizzazione concreta, vale a dire la Convenzione d’Istanbul, è stata osteggiata da tre stati membri.

Nella quotidianità, gli episodi di violenza di genere, domestica e sessuale, hanno continuato ad avere un’impatto drammaticamente elevato, in tutto il mondo.
Le autorità si sono dimostrate generalmente incapaci d’intervenire adeguatamente per prevenirle, perseguirne gli autori e garantire l’accesso delle vittime a forme di rimedio legale; la situazione è stata esacerbata dalla pandemia: durante il lockdown, molte donne e persone Lgbti sono rimaste confinate dentro casa insieme ai loro aguzzini.

Alcuni governi hanno adottato interventi d’emergenza per sostenere le vittime scampate a questi episodi.
Altresì, molti altri, hanno classificato come “non essenziale” l’assistenza prevista in queste casistiche, sospendendo finanche i vari servizi di consulenza e salute sessuale e riproduttiva.

Alcune potestà giudiziali hanno classificato superflui i servizi d’interruzione della gravidanza, con ingenti effetti negativi sulle donne facente parte dei gruppi marginalizzati.
Talaltri, contrariamente, hanno adottato politiche progressiste che hanno consentito l’accesso alla contraccezione d’emergenza attraverso la telemedicina, in osservanza delle norme anti-covid.
L’aborto è stato depenalizzato, sulla scia degli sviluppi positivi, in Corea del Sud, Irlanda del Nord ed Argentina.
Non bisogna trascurare, però, che nella maggior parte dei paesi delle Americhe l’aborto costituisca ancora un reato e, che nell’UE, una sentenza giudiziaria ne ha potenziato le limitazioni all’accesso, in Polonia.

Gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno celebrato il 25° anniversario della Dichiarazione e Piattaforma d’azione di Pechino, sottoscrivendo una dichiarazione politica di impegno a far avanzare i diritti umani delle donne, eliminando “ogni forma di violenza e pratica lesiva contro tutte le donne e le ragazze“.
Tuttavia, il testo non contiene alcuno specifico riferimento ai diritti e alla salute sessuali e riproduttivi.

Salute e tutela sociale 

Il numero di persone decedute nel 2020 per Covid-19 ha superato nel mondo gli 1,8 milioni.
I sistemi sanitari e la programmazione e pianificazione di tutela sociale, infiervoliti da decenni di sottofinanziamenti, sotto organico ed assenza di adeguata preparazione, si sono trovati mal corredati per far fronte all’emergenza.

I redditi dei lavoratori sono stati colpiti e danneggiati dalla ampliata disoccupazione e dai periodi d’inattività; il numero delle persone che versano in una situazione d’incertezza alimentare è raddoppiato, arrivando a 270 milioni.

I governi non sono stata capaci di tutelare adeguatamente gli operatori sanitari e gli altri lavoratori essenziali, decine di migliaia hanno perso la vita e molti altri si sono gravemente ammalati a causa della carenza di dispositivi di protezione individuale (Dpi). In 42 Paesi tra quelli monitorati, sono state rilevati casi si vessazione ed intimidazione, abbinate a licenziamenti ed arresti, contro chi aveva sollevato polemiche in tema di sicurezza e condizioni lavorative.

Ad essere particolarmente colpite sono state le donne, che a livello globale costituiscono il 70% della forza lavoro del settore sanitario e sociale, dove già subiscono gli effetti di un ragguardevole divario salariale.

Un’altra delle misure, ovvero l’introduzione della didattica a distanza (DAD) come unica modalità d’istruzione, senza garantire l’accesso a tecnologie adeguate, ha penalizzato molti individui appartenenti alle fasce più svantaggiate.

Fin da quando il Covid-19 è stato dichiarato una pandemia, gli Stati hanno ritenuto urgente la necessità di contenere, moderare e debellare l’infezione, nella piena tutela dei diritti umani.
Nonostante Covax, il programma dell’Oms per l’accesso globale al vaccino per il Covid-19, rappresenti una preziosa iniziativa orientata a garantire un più ampio accesso degli stati ai vaccini, la sua azione è stata compromessa dalla dissociazione di USA e Russia, dall‘accaparramento dei vaccini da parte dei paesi ricchi e dalla mancata condivisione da parte delle aziende farmaceutiche della proprietà intellettuale.
Più di 90 paesi hanno introdotto restrizioni all’esportazione di alcune categorie di merce, con conseguenze su attrezzature mediche, Dpi, prodotti farmaceutici e generi alimentari.
Gli Stati ricchi hanno represso l’adozione di una proposta da presentare all’Organizzazione mondiale del commercio (World Trade Organization) per una momentanea interruzione dei diritti di proprietà intellettuale su determinati prodotti per il Covid-19, cosa che ne avrebbe facilitato l’accesso universale.

Le Potenze mondiali e gli istituti finanziari internazionali dovrebbero agire in favore della garanzia che tutti gli stati dispongano delle risorse necessarie per reagire alla pandemia e supportare la ripresa post-pandemica, anche attraverso la sospensione e la cancellazione del debito.