Le forze della Coalizione Internazionale anti Isis negli ultimi due giorni hanno nettamente intensificato gli attacchi aerei diretti ai combattenti dello Stato Islamico che lo scorso 7 ottobre erano riusciti ad occupare diverse zone della città curda di Kobane, al confine con la Turchia. L’avanzata dei jihadisti aveva destato particolare preoccupazione da parte del governo di Ankara, il quale però ha esitato ad intervenire a causa dei legami esistenti tra i ribelli curdi e il PKK.
Tra lunedì e martedì, come rende noto Reuters, sono stati lanciati 21 attacchi contro i miliziani sunniti nell’area vicina a Kobane. Nonostante la situazione al momento rimanga ancora molto fluida, i curdi sono riusciti a riconquistare la collina che sovrasta la città, su cui sventolava la bandiera nera dell’Isis. L’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, che segue con attenzione l’evolversi del conflitto, ha confermato la riconquista di alcune porzioni della città da parte curda, avvenuta anche grazie ai raid aerei degli americani e dei loro alleati. Tra le vittime degli attacchi ci sarebbe anche il comandante in capo dei jihadisti: Abu Khattab, colpito da una pallottola al volto.
Secondo Obama la controffensiva messa in atto dalle forze internazionali sta funzionando e l’arretramento dell’Isis lo dimostra. Tuttavia le operazioni risentono moltissimo della mancanza di un’azione congiunta di terra. Mostrando una certa cautela, il presidente americano ha dichiarato che i bombardamenti arei continueranno nella zona di Kobane, come nella provincia irachena di Anbar, area che le truppe americane erano riuscite faticosamente a rendere sicura durante la guerra in Iraq e che ora rischia di venire conquistata dai combattenti dello Stato Islamico. Fonti della Casa Bianca rendono noto che durante un meeting tra il presidente Usa e alcuni leader europei la guerra contro l’Isis è stata posta tra le questioni più importanti in agenda.
Il conflitto in atto a Kobane potrebbe avere pesanti ripercussioni sul processo di pace avviato nel 2012 tra il governo turco e il PKK . Violato il cessate il fuoco in vigore da circa due anni. “Per la prima volta dopo due anni- riferisce un esponente del gruppo- sono state condotte operazioni militari contro le nostre forze da parte dell’esercito turco. Gli attacchi contro due basi a Daglica (al confine con l’Iraq) hanno rotto il cessate il fuoco”. Arei da guerra turchi avrebbero infatti attaccato obiettivi curdi nel sudest del Paese, in seguito ad una provocazione da parte del movimento politico curdo.
Dal 6 ottobre, giorno in cui in Turchia sono scoppiate le prime proteste da parte della comunità curda contro l’indifferenza del governo alla causa di Kobane, sono stati registrati 35 morti 350 feriti e 348 arresti. Al Arabiya ha diffuso la notizia che le autorità militari turche starebbero trattando con il governo americano per l’utilizzo di una base in Turchia, la cui posizione strategica permetterebbe di portare avanti la controffensiva contro i miliziani sunniti in Siria e in Iraq. Dal presidente francese Hollande è giunto l’invito alle autorità turche ad aprire le frontiere ai curdi in fuga dal conflitto, anche se in tre anni di guerra civile la Turchia ha accolto circa 1, 2 milioni di rifugiati siriani, tra cui 200mila curdi in fuga da Kobane nelle ultime settimane.