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mercoledì, 6 Dicembre 2023

Gurlitt, Berna e il tesoro conteso

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È combattuto il direttore del Kunstmuseum di Berna, Mathias Frehner. Da un lato c’è un’allettante proposta, quella di inglobare al patrimonio del museo parte del cosiddetto Tesoro di Hitler, 1406 tele di inestimabile valore appartenute alla famiglia Gurlitt; dall’altro, l’incubo di una lotta senza esclusione di colpi, per vie legali e con risonanza pubblica: è la minaccia di Roland Lauder presidente del Congresso Ebraico Mondiale, laddove il museo decida di acquisire i dipinti: “devono tornare ai legittimi proprietari” cioè le famiglie ebree a cui i nazisti hanno espropriato le opere.

Edvard Munch. Birgitte I. Xilografia, 1930
Edvard Munch. Birgitte I. Xilografia, 1930

Ma per capire meglio questa storia bisogna fare un passo indietro. Hildebrand Gurlitt, mercante e gallerista tedesco, aveva istituito un legame con i nazisti in seguito alla proposta di Joseph Gobberls, ministro della Propaganda del Terzo Reich, di utilizzare i suoi contatti all’estero per vendere quell’arte “degenerata”, contraria cioè all’ideologia nazista, ma non all’ideologia pragmatica di guadagno: è infatti evidente che per quanto quelle opere fossero considerate “moralmente pericolose” potevano fruttare grandi somme di denaro alle casse del Terzo Reich. Così, il compito di Hildebrand era quello di scovare i capolavori che sarebbero entrati a far parte del Tesoro di Hitler. Immagine contrastante quella di Gurlitt:  tra le testimonianze e i documenti si racconta infatti di un uomo che non ha mai collaborato con i nazisti ai fini della propaganda, ma che utilizzava la loro fiducia col solo nobile fine di salvare opere dell’arte contemporanea che sarebbero altrimenti andati distrutti e nel peggiore dei casi, entrati a far parte di arredi di poche famiglie naziste privilegiate. E secondo le cronache col benestare delle famiglie ebree. Ma c’è anche chi lo ha dipinto come uno strozzino che una volta finita l’era nazista, avrebbe provveduto a nascondere le opere per farne un immenso patrimonio personale, di cui nessuno era a conoscenza. Collaborazionista o difensore della cultura antinazista? Non lo sapremo mai. Certo è che il figlio Cornelius ha continuato a sostenere l’innocenza del padre dichiarando che egli ha nascosto i tesori in una fattoria vicino a Dresda durante la Seconda Guerra Mondiale e mai nessuno di essi è stato poi recuperato. Ma evidentemente lo sono stati se poco prima di morire, nel maggio 2014, Cornelius non avesse dovuto pagare i conti in sospeso col fisco tedesco, che ha scoperto il tesoro nascosto durante un sopralluogo di routine: 1406 dipinti di cui 121 incorniciati. E non opere qualsiasi ma capolavori dell’arte contemporanea di Chagall, Renoir, Picasso, Toulouse-Lautrec, Nolde, Beckmann, Courbet e tanti altri.

Cornelius Gurlitt viveva in condizioni di grande modestia in un appartamento a Monaco a due passi dal Giardino Inglese. Non aveva un conto di previdenza sociale né una pensione, eppure quando venne sottoposto al controllo della polizia durante un viaggio di ritorno dalla Svizzera risultava in possesso di 9.000 euro in contanti. E fu proprio questo ad insospettire le autorità e a dare avvio ai controlli che culminarono con la scoperta dello spazio condiviso nell’appartamento con i maestri dell’arte contemporanea. Ma egli sentì di aver fallito quando candidamente ammise di non aver difeso a sufficienza i quadri che non conservavano più il ricordo delle famiglie ebree a cui il Terzo Reich aveva espropriato tutto, ma quello della sua infanzia e di suo padre. Prima di morire disse che quel grande patrimonio doveva finire sulle pareti del Kunstmuseum della capitale elevetica, del quale “s’era innamorato“. Ma ogni regalo ha il suo prezzo e lo sa bene Mathias Frehener che si è preso tempo per decidere fino al 26 novembre. Inimicarsi una delle più potenti federazioni ebraiche può condurre solo ad un’inevitabile sconfitta.

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